Alberto De Rossi: "Seconde squadre per far crescere i nostri talenti"

17/02/2025 alle 08:09.
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IL MESSAGGERO - Negli ultimi anni il calcio italiano si è trovato di fronte a una sfida sempre più complessa: colmare il divario con i settori giovanili dei principali club europei. La formazione dei giovani calciatori, il ruolo delle seconde squadre sono temi a cuore di Alberto De Rossi, nominato responsabile del settore giovanile della Roma dopo 19 da allenatore della Primavera.

Perché i giovani italiani faticano a diventare campioni?
"C’è sempre meno rapporto palla-ragazzo. Quando si andava per strada si giocava a calcio tante ore, adesso non è più così. Noi addetti ai lavori dovremo riproporlo. Poi, probabilmente, vedremo i risultati tra 10 anni".

Ha la meglio la cultura del tutto e subito?
"L’aspetto ludico è sempre un passo indietro rispetto al risultato. Questa è un mentalità che ci crea qualche problema. La mentalità italiana è di vincere la partita".

Come si cambia la mentalità?
"Mettendo al vertice gente che ha fatto calcio per passione. Non burocrati".

Perché tanti ragazzi hanno risultati nelle giovanili e poi in Serie A falliscono?
"Perché il divario tra la Primavera e e la Prima squadra è enorme".

Come si può ridurre?
"Nei paesi stranieri i giovani giocano. In Italia no, perché i club pensano al risultato. Bisognerebbe parlare seriamente delle seconde squadre".

Prego.
"Possono risolvere il problema perché darebbero la possibilità al calciatore di crescere. Non solo velocemente, ma anche bene. Se giochi Primavera contro Primavera, come evolvono? Un ragazzo a 20 anni e sei mesi viene consegnato al calcio e ha pochissima esperienza".

All’estero ci sono più opportunità?
"A 20 anni alcuni sono già dei campioni, come Yamal. Lui e tanti altri hanno avuto la possibilità di giocare, i nostri non ce l’hanno. Politano, ad esempio, è partito dalla Serie C, poi la B, la A bassa e la A alta. Il nostro processo inizia tardi. Chi può sapere come cambierebbe la percezione del calciatore se, invece di farlo restare in Primavera fino ai 20 anni, gli dessi subito l’opportunità di confrontarsi con il calcio dei grandi a 18 anni?".

Perché allora aumentare di un anno la permanenza in Primavera?
"Chi lo ha deciso non crede nelle seconde squadre. Perché aumentando l’anno di età, hanno provato a fare una sorta di seconda squadra. Mentre tutto il mondo vuole accelerare l’inserimento dei ragazzi, l’Italia va in contro-tendenza".

Però la prima squadra potrebbe prelevarlo prima dei 20 anni.
"Ma potrebbe non essere pronto. Ci sono dei momenti in cui i calciatori non sono idonei. Non sono tutti Bove, Pellegrini, Florenzi, De Rossi o Zalewski. Altri hanno bisogno di fare un giro più lungo".

Quando dovrebbe terminare la Primavera?
"A 17 anni e mezzo. Poi la seconda squadra. L’Under 18 fatta dalla Uefa e non serve. Infatti, i club che hanno la seconda squadra non hanno l’Under 18 perché per loro è opzionale".

Come è vissuto il risultato nella Roma?
"Qui se vinci giocando male, io sto col broncio, se accade una seconda volta comincio a preocсuparmi. A noi interessa la qualità e formare il giocatore".

Cosa è cambiato negli ultimi 20 anni nella formazione?
"Adesso ci vuole gente veloce, forte, robusta. Ci vogliono calciatori strutturati come forza e potenza. Facciamo lavori mirati a seconda dell’età per farci trovare pronti. Ma tutto converge nella tecnica individuale".

Come la allenate?
"Alziamo la velocità e aumentiamo il monte ore. Quello italiano è più basso rispetto a quello europeo. Per aumentarlo noi ci prendiamo una mezz’ora prima dell’allenamento per fare un lavoro tecnico mirato tra campo e palestra. Così facendo l’anno scorso abbiamo fatto 70 ore in più di tecnica individuale e una media di 30 ore di forza in palestra".

I risultati?
"A livello tecnico è stata una cosa paurosa".

Quale sarà l’evoluzione del settore giovanile della Roma?
"Vogliamo portare i giocatori in prima squadra. Lavoriamo solo per questo. Ci credo ciecamente che è possibile. Giochiamo con sei 2007 in Primavera, hanno due anni in meno rispetto alle media. Tutti gli altri in Italia hanno 20 anni, eccetto il Milan perché hanno la seconda squadra".

Ha mai visto un giovane e pensato che sarebbe diventato un futuro campione?
"Sì, Alessio Riccardi. Sono tanto dispiaciuto, perché era facile farlo diventare un campione. Ha giocato tre anni sotto età. Con la struttura e l’organizzazione attuale che abbiamo qui a Trigoria non lo avremo perso. Ora gioca al Latina, ha 23 anni e lo vado
sempre a guardare".

Suo figlio Daniele che ha acquistato l’Ostiamare, vuole riproporre questo modello?
"Sì, trasmette le sue emozioni ed esperienze. Vuole fare un campo d’asfalto, uno di sabbia e uno di erba, perché lui ha giocato per strada, al mare e sui grandi campi".

Anche lì la vittoria sarà portare un giovane in Serie A?
"Esatto e poi lo ha fatto per Ostia, è un posto caro allo nostra famiglia. E io se posso dargli una ma-no gliela darò".