Canovi: "Falcao era dell'Inter poi chiamò Andreotti...E il Divino restò a Roma per la felicità del Papa"

09/01/2025 alle 07:41.
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GASPORT - L'ex avvocato dell'Aic e procuratore sportivo Dario Canovi ha rilasciato un'intervista esclusiva sull'edizione odierna del quotidiano, raccontando un interessante aneddoto del passato legato alla Roma e ad uno dei suoi giocatori più rappresentativi: Paulo Roberto Falcao. Queste le sue parole: "In principio fu Cristoforo Colombo, fu lui a farcela scoprire. Non sto parlando dell'America, ma di una nuova professione: l'agente dei calciatori. Era l'avvocato di Paulo Roberto Falcao e fu protagonista di una trattativa che per settimane tenne col fiato sospeso due città, Roma e Milano, e tutto il calcio italiano. E che investì anche la politica, con l'intervento di Giulio Andreotti, e addirittura il Vaticano perché fu tirato indirettamente in ballo anche il Santo Padre, Giovanni Paolo II. I più giovani, che non erano nati nel 1983, possono pensare che io stia esagerando. Invece è tutto vero, ma prima di calarsi nei retroscena di una delle più famose e affascinanti trattative del calcio mercato, bisogna far capire chi era e cosa rappresentava Falcao a Roma dopo lo scudetto...".

Ce lo racconti lei, avvocato Dario Canovi: chi era Falcao?
"Un giocatore meraviglioso, uno dei più grandi registi della storia del calcio. Classe, personalità, mentalità vincente: con lui in campo i suoi compagni brillavano di luce riflessa. Venne nel 1980: i tifosi della Roma sognavano Zico e invece il presidente Viola su consiglio di Liedholm prese lui. Scese dalle scalette dell'aereo in un caldissimo 10 agosto e, stupendo tutti, promise lo scudetto a una piazza che non lo vinceva da 42 anni. Lo sfiorò subito nel 1981 col gol annullato a Turone contro la Juve, poi lo vinse nel 1983 dopo i Mondiali in Spagna. Falcao diede alla Roma una eleganza, uno stile, una bellezza che non aveva mai avuto prima, tanto da essere ribattezzato da Carmelo Bene "il Divino". Per i tifosi divenne l'ottavo Re di Roma. Ecco perché quando, dopo lo scudetto, anche per qualche incomprensione con Viola, si accordò con il ds nerazzurro Sandro Mazzola per passare all'Inter, Roma sprofondò in un incubo. I tifosi piangevano alla sola idea di perderlo. E si utilizzarono tutti i mezzi possibili per fermare il trasferimento e riaprire la trattativa tra due abilissimi "giocatori di poker" come Viola e Colombo. Mosse e contromosse, colpi di scena, dichiarazioni: fu uno spettacolo".

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Torniamo alla telenovela...
"Mazzola aveva incontrato Colombo e Falcao in Svizzera, e stava tornando a Milano con il contratto firmato in tasca, da depositare in Lega. Nel frattempo però il presidente dell'Inter Ivanoe Fraizzoli, che era un vero signore, aveva avvertito al telefono Viola che era in trattativa con Falcao ed era pronto ad acquistarlo. Viola restò in silenzio, gelido, poi attaccò. Non c'era tempo da perdere. Fu chiesto l'intervento del più importante tifoso della Roma, Giulio Andreotti. Era in carica il governo Spadolini, nato dall'accordo della cosiddetta CAF (Craxi, Andreotti, Forlani). Andreotti era potentissimo. Si dice che fu lui stesso a richiamare Fraizzoli. Il messaggio arrivò forte e chiaro, non si parlò neanche di Falcao, ma degli interessi economici dell'imprenditore, che produceva capi d'abbigliamento e divise per i ministeri, l'esercito e le guardie carcerarie: "Un affare molto importante, mi dicono...". Fraizzoli capì subito".

E il contratto nella tasca di Mazzola?
"Sandro tornando dalla Svizzera, felice per aver centrato un clamoroso colpo di mercato, si fermò in un bar per telefonare a Fraizzoli e dargli la notizia dell'accordo, perché all'epoca non c'erano i cellulari, ma fu gelato: "Blocca tutto e raggiungimi in ufficio, ti devo parlare".

E il Vaticano?
"Anche se l'Inter fece un passo indietro, l'accordo tra la Roma e Falcao per rinnovare il contratto ancora non c'era. Fu fatto sapere alla signora Azise, la mamma di Paulo Roberto, religiosissima, che anche Papa Wojtyla voleva che lui restasse a Roma. Lei telefonò al figlio: "Non vorrai mica dare un dispiacere al Santo Padre, vero?".

E nel frattempo Viola e Colombo?
"Continuavano il tira e molla, mandandosi messaggi sui giornali. La trattativa si concluse negli uffici di Andreotti, con la firma del nuovo contratto e una stretta di mano tra il Senatore e Colombo immortalata da una foto. Alle loro spalle, sullo sfondo, c'ero anch'io".

Lei due anni dopo divenne il procuratore di un altro campione brasiliano, Toninho Cerezo.
"Giocatore e uomo fantastico. Anche lui fu protagonista di una trattativa da film. Durante il terzo anno di contratto con la Roma nel 1985-86 il rinnovo promesso continuava a slittare, Toninho si innervosì e dopo una partita nello spogliatoio ebbe una violenta lite con Viola, con uno scontro fisico. Mi chiamò subito dopo al telefono: "Dario, ho fatto una cazzata...". Mi raccontò l'episodio e capii che non ci sarebbe stato più nulla da fare, nonostante le sue scuse a casa di Viola. Trovai un accordo con Galliani per portarlo al Milan: un miliardo e mezzo all'anno per tre anni. Firmammo negli uffici di Berlusconi che si riservò una clausola liberatoria, che poi fece valere. Liedholm, che allenava il Diavolo, stimava Toninho ma avrebbe dovuto cedere Wilkins e pensò che questo avrebbe rattristato l'altro inglese Hateley".

E si fece avanti la Sampdoria...
"Andammo a casa di Paolo Mantovani a Genova. Non poteva replicare l'offerta di Berlusconi e offrì circa la metà: 800 milioni. Toninho si mostrò dubbioso e chiese di telefonare alla moglie Rosa. Tornò poco dopo: "Presidente mi ha detto che se non accetto mi lascia. E io amo molto mia moglie...". Nel viaggio di ritorno gli dissi: "Meno male che Rosa ti ha dato il consiglio giusto". Mi rispose: "Dario, non c'ho parlato: ho trovato occupato...".