LA REPUBBLICA - Andrea Carnevale, ex attaccante della Roma e attualmente capo scouting dell'Udinese, ha rilasciato un'intervista al quotidiano e tra i vari temi trattati ha ripercorso alcune tappe della sua vita travagliata tra cui la morte dei suoi genitori: il padre uccise la madre quando lui aveva solamente 13 anni e alcuni anni dopo il padre si suicidò nel manicomio criminale di Aversa. Ecco le sue dichiarazioni: "Mi fa male quando leggo dei femminicidi. Mi ricordo di quando, in paese, parlavamo con i carabinieri di quello che succedeva a casa e ci dicevano: 'Se non vediamo il sangue...'. Cosa potevo fare? Poi, quel giorno, il fiume si è colorato di rosso. Ho detto al maresciallo: 'Questo è il sangue che volevi'".
A ottobre 1990 il doping e la squalifica con Peruzzi per l'assunzione di uno stimolante, la fentermina, presente nel Lipopil, che si prendeva per perdere peso.
"Me ne assumo la responsabilità totale. Quando mi dissero del doping caddi dalle nuvole. Dalla Federazione mi dissero: 'Prenderai 1 o 2 mesi di squalifica'. Invece mi diedero un anno".
Nel 2002 l'arresto con l'accusa di detenzione e spaccio di cocaina.
"Una telefonata che non dovevo fare, un millantatore mi che mi accusò. Ma figuriamoci se mi mettevo a spacciare droga. Un periodo tremendo: un mese ai domiciliari, anni di processi. Volevo liberarmi e chiesi di patteggiare al mio avvocato: 'No, non hai fatto niente, devi uscire innocente dal tribunale'. Aveva ragione, fui assolto".