Un silenzio lungo. Forse troppo, di sicuro inaspettato e, per certi versi, poco comprensibile. Andrea Belotti se ne è andato dal Toro dopo 251 partite e 113 reti senza scrivere una parola sulla chat di squadra e senza raccontare il perché a chi era in attesa di decifrarne gli umori, e non solo. Il Gallo, a Torino, è già tornato: il pomeriggio dell'8 aprile scorso la sua Roma lo tenne in panchina per l'intera contesa e dalle tribune gli piovvero addosso un bel po' di fischi e solo pochi, timidi, applausi per un amore tradito senza sapere il motivo. (...) Il Gallo, nella sua parentesi romana, ha parlato più di una volta, ma al capitolo Toro cala il sipario: motivi personali, l'unica concessione da quando ha scelto di non rinnovare il contratto con il patron Urbano Cairo, colpevole, ai suoi occhi, di averlo blindato nel momento in cui, estate del 2017, c'era la corte del Milan a fargli girare la testa. Belotti non si è fatto attrarre dal metodo Juric, ultima possibilità per mettere in piedi il grande ripensamento: a Torino, l'ex capitano viene spesso, lo ha fatto anche durante l'ultima sosta di campionato, ad inizio settembre. Ma Torino non è il Toro. (...) «Caro Alessandro goditi il momento...per me è stato il più intenso della carriera...», in sintesi il messaggio mandato da Belotti a Buongiorno poco prima che il capitano del futuro e per il capitano dell'ultimo 4 maggio granata a Superga leggesse i nomi degli Invincibili. (...)
(La Stampa)