Non bastano gli sbarchi cinematografici, le sbornie di massa, il texano in versione Top Gun, lo sportello che si apre e si affaccia lui, Romelu e la sua meravigliosa attitudine nel calarsi nel suo nuovo mondo e quella roboante combinazione di nero, giallo e rosso pompeiano. [...] I pensieri cattivi sono un flagello tipo cavallette di questi tempi a Trigoria e negli scarabocchi della rete mai così assatanata. E non è la storia del punto in tre partite – una miseria – e nemmeno la calamità molto saputa dei tanti infortuni. No, niente di tutto questo. Da due anni a queste parti gli umori in casa Roma sono gli umori di Josè Mourinho. I suoi umori dettano legge. Nel bene e nel male. Di venerdì sera a impressionare non è stata la debacle della squadra, la desolante testimonianza d’inferiorità tecnica, tattica e atletica contro il Milan di Sua Divinità Leao, ma le parole di Josè Mourinho. Quelle che ha detto prima e quelle che non ha detto dopo. L’eloquenza del suo silenzio. [...] Mourinho deve tornare ad essere non solo un Capo motivato e in pieno controllo, ma saper comunicare la sua felicità d’essere ancora romanista in qualche fibra della sua non facile psiche. Se non c’è, se la inventi, anche per rispetto dei tanti che spasimano per lui. Soprattutto, si rassegni a capire che, se il suo carisma langue, deve giocare su altri campi il suo destino e quello della Roma. Per esempio, quello di un gioco che oggi non esiste. Giocare il gioco. Dimostri che sa farlo. Deve finire? Finisca in bellezza. [...]
(gasport)