IL TEMPO (M. VITELLI) - Alberto Ginulfi si è spento ieri all'età di 81 anni. Romano di San Lorenzo, è stato portiere della Roma tra l'inizio degli anni sessanta e la metà degli anni settanta. Cresciuto nel settore giovanile dei giallorossi, Ginulfi si affaccia in Prima squadra come riserva, prima di Fabio Cudicini e poi di Pierluigi Pizzaballa. Nel 1970, la promozione a ruolo di titolare, che terrà stretta per cinque stagioni prima di lasciare la Capitale (fisicamente, ma non con il cuore) per continuare la carriera con Fiorentina, Verona e Cremonese. Il giovane Alberto, prima di dedicarsi con successo al pallone, lavora presso un banco di pesce gestito da una sua zia a Piazza Vittorio.
Poi il football lo rapisce, e sarà la sua vita. Gli inizi per strada a tirare calci a un pallone con il padre, a Largo degli Osci, quando finiva il mercato e i banconi venivano smontati e portati via. La prima squadra vera è la Spes di Padre Libero, all'improvviso lo vuole la Roma. Considerato un "portiere moderno", Ginulfi fa il suo esordio in Serie A il 28 ottobre del 1962 in Roma-Lanerossi Vicenza. Con la Roma conquista 2 Coppe Italia e una Coppa Anglo-italiana. Sfiora anche la Nazionale, alla quale però deve rinunciare dopo aver effettuato un elettrocardiogramma che mostra un lieve problema cardiaco. "Era morto da poco Taccola - spiegava - c'era molta attenzione".
Decide di ritirarsi nel 1980, continuando comunque a lavorare nel calcio con il ruolo di preparatore dei portiere. Nonostante tanti anni di partite ufficiali, a dargli notorietà internazionale è una partita amichevole. Il 3 marzo del 1972 allo Stadio Olimpico la Roma sfida il Santos. La gara termina 2-0 per i brasiliani con le reti di Oberdan ed Edu, ma l'eroe della serata è l'estremo difensore giallorosso Ginulfi, che al 36' del primo tempo para un calcio di rigore a Pelé. Il romano è il terzo portiere a dire di no a O Rey dagli undici metri. Al termine della gara, è lo stesso Pelé a complimentarsi con lui. "Mi lasciò la sua maglia e mi invitò per il giorno seguente all'Ambasciata brasiliana di piazza Navona", raccontava Ginulfi a chi gli chiedeva (ed erano in tanti) aneddoti su quell'episodio.
Quella maglia, "con le maniche lunghe, lo scudetto ricamato e i numeri attaccati col filo" è rimasta per anni accanto a quella di Maradona, come a simboleggiare l'unione dei due fuoriclasse del calcio mondiale.
"L'AS Roma piange la scomparsa di Alberto Ginulfi e si stringe al dolore dei suoi familiari", il ricordo del club giallorosso sui propri canali social. Tra i tanti messaggi postati su X per salutarlo, ce n'è uno davvero particolare di un tifoso romanista. "Se n'è andato Alberto Ginulfi - si legge - per noi ragazzini del Quadraro anni '70 la sua Mini Morris che sfrecciava lungo una via Tuscolana spoglia e piena di cantieri era come l'Olandese Volante: un'apparizione. 'Corete che passa Ginurfi' e la giornata era svoltata".
Proprio i tifosi sono stati il punto di riferimento di Ginulfi. "L'essere rimasto sempre nel cuore loro - ripeteva - per me che vengo dalla Curva Sud e sono romano e romanista è una soddisfazione enorme, più grande di tutte".