"Sullo Stadio della Roma il M5S temeva denunce"

16/05/2023 alle 08:24.
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IL TEMPO (PI. SE.) - «All’inizio del mio mandato da sindaco, com’era stato anche durante la campagna elettorale, la maggioranza M5s era compatta nel volere la cancellazione del progetto dello stadio di che consideravamo una struttura "monstre". Poi, nel timore di possibili richieste risarcitorie da parte dell’As Roma, la maggioranza si divise». A dirlo è stata l’ex sindaco Virginia Raggi, sentita ieri nel maxi processo sul progetto stadio, che vede imputati una ventina di persone, tra le quali l’imprenditore Luca .

Davanti ai giudici dell’ottava sezione, nell’aula bunker di Rebibbia, Raggi ha ripercorso i primi mesi al Campidoglio, quando «nella maggioranza, sul progetto di , si crearono due fronti». Raggi è stata sentita come «teste assistita» perché indagata, per falsa testimonianza, in un procedimento connesso. In merito alla possibilità di revocare la delibera della precedente giunta sull’interesse pubblico dello stadio «chiedemmo un parere all’avvocatura del Comune e loro ci ammonirono sul rischio di conseguenze risarcitorie che avrebbero potuto patire Roma Capitale e gli stessi consiglieri - ha spiegato Raggi - A fine 2016, lamaggioranza iniziò ad avere paura e non era più compatta sulla "cancellazione". La posizione, che era nata molto netta durante la campagna elettorale, non riuscimmo a finalizzarla con una delibera da votare in aula perché la maggioranza non avrebbe tenuto».

Con Beppe Grillo, racconta Raggi, «ci sentivamo spesso: voleva capire perché non riuscivamo a chiudere su un punto tanto importante del programma e, quando poi gli fu rappresentato che la maggioranza non riusciva a chiudere e si doveva decidere sul progetto così come era o sceglierne uno meno invasivo, si dovette accontentare». «O prendevamo il progetto della giunta Marino così com’era, o provavamo a diminuirne l’impatto, tagliando le cubature - ha concluso -. Di fatto quella mi sembrò una strada obbligata».

Secondo la procura di Roma, avrebbe tentato di «oliare» una serie di passaggi dell’approvazione del progetto dello stadio, mettendo in atto una corruzione che, nell’ordine d’arresto del giugno 2019, venne definita «sistemica». Nel processo, oltre all’imprenditore e alcuni suoi stretti collaboratori, sono imputati tra gli altri l’avvocato, ex presidente di Acea, Luca Lanzalone, l’ex presidente dell’Assemblea capitolina Marcello De Vito, Francesco Bonifazi e Giulio Centemero, all’epoca deifatti rispettivamente tesorieri di Pd e Lega.