Spalletti e il fantasma di Mou

28/01/2023 alle 08:59.
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-Roma di domani. La sfida dell'anno per l'uomo di Certaldo. Per almeno 3 ottimi motivi. Il dover tenere invariata la distanza di sicurezza dalle rivali, togliendone una definitivamente di mezzo. La Roma. Il capitolo più intenso e controverso della sua storia di allenatore. José Mourinho. Il suo vero antagonista. Il suo altro da sé.

José è l'inferno di Lucio. L'esistenza di José è lo schiaffo permanente alla sua vita. José è tutto quello che Lucio avrebbe voluto essere e non è nel suo libro dei sogni e tutto quello che non potrà mai essere nella vita reale di tutti i giorni. José è nato con la camicia. È l'allenatore che viaggia da sempre in Bentley, nel lusso, è il Seduttore che può chiedere tutto perché tutto gli sarà concesso, è l'Incantatore che fa giocare un calcio povero alle sue squadre, alla "sua" Roma, avendo comunque la folla adorante ai suoi piedi, quando un altro, al posto suo, sarebbe linciato e lapidato in pubblica piazza. Lucio è l'esatto contrario di José. Quella sua di allenatore è storia di un'immane fatica, fisica e mentale. Di rare sconfitte molto declamate e delle tante vittorie mai riconosciute fino in fondo.

I due hanno ben poco in comune. Una figlia di nome Matilde, una determinazione che sfiora il maniacale e un magnetismo non comune. Più mentale il portoghese, più animale l'italiano. Per il resto, più diversi non si può. Lucio ama i suoi giocatori. Li ama a prescindere, solo per il fatto che sono suoi. José ama i giocatori che lo amano. Quelli che fanno di Mourinho la loro causa. Lucio trasmette la sua passione ai giocatori. E la sua forza. È unico nel farli sentire importanti. Lucio ha inventato Amantino Mancini e reinventato PerrottaRoma, bersaglio di pernacchie, recuperato  quando i più ne parlavano coma di una probabile patacca. 

L'uomo di Certaldo si tortura nei dubbi, non ce la proprio a dimenticare sconfitte e umiliazioni, non sa godere delle vittorie e diffida della felicità. Ma vuole il "bello" perché il bello lo riscatta. Josè si fa scivolare tutto addosso. Detesta le sconfitte, ne percepisce il cattivo odore. Lui ha quasi solo certezze. La più certa delle certezze? Quanto sia inebriante essere José Mourinho. Non ha bisogno del bello. Gli basta vincere. Lucio soffre José, ma solo perché incarna l'infinita ingiustizia della vita. Nel profondo, in realtà, lo stima e un po' lo invidia. Pagherebbe di tasca sua per comunicare come sa fare inimitabilmente il portoghese. Lo ama e non lo sopporta allo stesso tempo.

usa una lingua immaginifica. Si definisce "un pianista di bosco", uno che sa adattarsi a tutte le circostanze. cucina con quel che trova in frigorifero. Mourinho ha sempre lavorato con materie prime da gourmet, ha vinto tutto là dove comunque era possibile ma non scontato vincere. Mou l'hanno sempre chiamato per questo, vincere trofei. E, quando non è questa la priorità, come alla Roma, cede prima o poi al nervosismo. l'hanno sempre chiamato per raddrizzare piazze depresse, rilanciare, ripartire. Al oggi, alla Roma, all' e allo Zenit ieri. Mou ha vinto coppe e scudetti, ma Lucio non ha vinto di meno. Dovunque è stato ha centrato l'obiettivo di partenza, spesso è andato oltre. Piacciono anche a lui i grandi giocatori. Vuole fortissimamente battere Mourinho domani. Sarà il suo regalo per il 60° compleanno di José. Un attestato della stima sofferta che ha per lui. L'unico possibile, batterlo in campo. Dandogli, possibilmente, una lezione di gioco.

Devi essere un vero kamikaze per capitare in due capitali del calcio come Roma e Milano e finire allo scontro frontale con i due capitani iconici (e le rispettive consorti). Non ha la simpatia unanime dei tifosi? Gli basta e avanza l'amore delle migliaia che tra , Roma e Milano si riuniscono nei gruppi di nel suo nome. I giornalisti? Alla loro compagnia preferisce quella di Astra, il suo cavallo prediletto e dei quattro ciuchi che girano per la tenuta nel Chianti. Questo è Prendere o lasciare. Gli fo il regalo.

(Gasport)