LA REPUBBLICA - A Madrid le compagne di squadra dell'Atletico definivano Elena Linari come chiunque vorrebbe essere giudicato dai colleghi: coraggiosa, altruista, incapace di arrendersi. In campo è proprio così, tanto nella Roma quanto in Nazionale, dove regge la difesa insieme a Sara Gama. Una coppia rodata, che raramente sbaglia un raddoppio o una diagonale. «Il calcio femminile è calcio vero, speriamo che con questo Europeo il messaggio passi. I Mondiali in Francia del 2019 hanno acceso la curiosità. È arrivato il momento che il pubblico apprezzi il gioco. Alcuni calciatori mi dicono che oggi è bello vederci, mentre un tempo lamentavano la poca velocità, la scarsa qualità tecnica».
Siete pronte ad affrontare nella prima gara del girone la Francia, terza nel ranking Fifa, contro cui l'Italia non vince da quasi 22 anni?
«Sono forti ma giocheremo per i tre punti, con la serenità di sapere che un pareggio non sarebbe un dramma. Dovremo fare una grande partita, per arrivare cariche alle sfide con Islanda e Belgio. E comunque poteva andarci peggio».
In Brasile le ragazzine per strada indossano maglie delle calciatrici famose, non solo quella di Neymar...
«Certo, come negli Stati Uniti, dove a livello di nazionale le donne vincono molto più degli uomini e lanciano messaggi forti: hanno sostenuto l'equal pay, si sono rifiutate di andare in visita da Trump. Sono esempi. Ci arriveremo anche noi».
Quando?
«Sopravvive una cultura maschilista, la vecchia scemenza secondo cui il calcio non è uno sport da signorine. Eppure noi ragazze raramente ci buttiamo a terra per contatti leggeri o inesistenti. È un fatto di rispetto per avversari, pubblico e arbitri. Per questo amo il rugby»
D'accordo con il tetto alla presenza di straniere in Serie A?
«Certo, andrebbe inserito anche nel calcio maschile. Altrimenti, con soli stranieri in campo, la Nazionale come campa?».
Senza l'Italia maschile in Qatar, tutti gli occhi saranno sudi voi.
«Mi spiace. Avrei preferito passare un mese a tifare davanti alla tv con pizza e birra. Ma può essere educativo per il pubblico: non esiste solo il calcio maschile. Ci siamo noi, c'è il tennis, c'è il nuoto. C'è sempre un'Italia da tifare».
In questo Europeo la Uefa sperimenterà un avanzato protocollo sul rispetto dei diritti: dei lavoratori, delle persone disabili, delle identità religiose e di genere.
«Alla buon'ora. Speriamo si diffonda nel mondo. In alcuni Stati islamici le donne non sono ammesse negli stadi, nemmeno come spettatrici»