Tattica? No, empatia: la nuova formula del nuovo Special One

10/06/2022 alle 07:34.
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Un anno fa Josè Mourinho registrava la prima intervista da allenatore della Roma a Londra e aveva già ben chiaro in mente come la gente fosse letteralmente impazzita per lui. Era una questione d'amore a prescindere, di fiducia, di speranza. Dopo aver vinto 25 (ora 26) titoli Mourinho cercava altro: l'esonero del Tottenham, con la conseguente decisione di non fargli giocare la finale di coppa conquistata, l'aveva ferito. La chiamata della Roma è stata inattesa, ma soprattutto è stata inattesa la reazione dei tifosi quando è diventato ufficiale il suo ingaggio.

Ecco perché nell'ultimo anno Mou è rimasto uguale in tanti suoi aspetti - le discussioni con gli arbitri, le frecciatine ad avversari e stampa, la voglia di vincere un "titulo" al primo anno -, ma è anche tanto cambiato. Ha provato un'empatia nuova (per usare un termine a lui caro) e, soprattutto, dopo anni, ha ritrovato un gruppo di giocatori che si è affidato a lui in tutto e per tutto. Gente che non metteva in discussione le sue scelte, affidandosi alla sua storia e alla sua esperienza, anche quando, dopo la disfatta di Bodo ad ottobre, sembrava aver perso il controllo dello spogliatoio. «Siamo una famiglia», ha amato ripetere spesso nel corso della stagione. E questo ha detto anche qualche giorno fa all'Università di Lisbona: «L'empatia con i calciatori è fondamentale. Siamo in un periodo in cui tutti cercano di trovare la "ricetta perfetta". alcuni pensano che il segreto sia l'innovazione tattica o fare qualcosa di nuovo negli allenamenti, ma senza empatia non c'è felicità, soprattutto quando non si hanno giocatori incredibili. Il rapporto umano è, e sarà sempre, fondamentale. lo oggi mi sento più umano e meno egoista, invecchiando dò più importanza al processo effettuato».

(Gasport)