IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - La verità è che pure ieri era importante. La verità è che pure una partita che sembra così piccola rispetto all'eterno che c'è mercoledì se sei della Roma ti dà emozione e se dici «va be' in fondo conta solo l'altra» lo fai solo per esorcizzarti una eventuale delusione. E se è vero che l'altra, mercoledì, Tirana, il 25 maggio, la Conference League vale tutto (perché quello vale) non era vero che questa non valeva niente. [...]
Da dopo l'1-1 col Venezia - che qui si è giocata la Coppa dei Campioni e il Mose - c'erano tanti coi loro ghignetti e la bavetta alla bocca che non vedevano l'ora di dirti il contrario di quello che invece qualsiasi romanista sente di dire dopo una vittoria della Roma: «Mourinho ha fatto meno punti, la Roma è arrivata ottava, la Roma è fuori dall'Europa...». E invece no. [...]
Quello che è capitato quest'anno, lo stadio col Bodø, col Leicester, lo stadio sempre, quello con la Salernitana, il Bologna, il Venezia, lo stadio sempre, la corsa col Sassuolo, le lacrime persino le lacrime (a quelle ci avete creduto?), le parole persino le parole (quel signore ha detto proprio dopo Inter-Roma a San Siro che «Roma è casa sua») sono le immagini, le parole, le lacrime di una fantastica storia d'amore. Noi quella stiamo vivendo, noi che la Roma l'abbiamo sempre vissuta così e che abbiamo questo unico schermo alla lunga emozione che esploderà mercoledì: viverla da romanisti. Perché è così che ci siamo arrivati: senza pensare un pensiero che non sia per la Roma. Senza dire una parola che non sia d'amore.