LA REPUBBLICA - In occasione della finale di Conference League torna a parlare Kostas Manolas. L'ex difensore della Roma, ora tornato in Grecia all'Olympiacos, è stato intervistato dal quotidiano romano:
Manolas, cosa ha significato quel suo gol al Barça?
«Ha cambiato l’immagine della Roma nel mondo».
C’è chi pensa che senza quella notte adesso la Roma non avrebbe la dimensione per giocare una finale europea.
«Sì, è stato importante. Non solo perché è stato il 3-0, quello della qualificazione a una semifinale di Champions. Ma perché tutto il mondo ha capito che la Roma è una grande squadra. Prima la Roma aveva un’altra immagine in Europa, un’altra storia».
Stavolta però è andata oltre, arrivando fino in fondo.
«Ma anche noi saremmo arrivati in fondo in quella Champions, se ci fosse stato il Var. Non ci diedero un rigore su Dzeko per un fuorigioco che non c’era. Non videro un fallo di mano di Alexander-Arnold che sarebbe stato rigore ed espulsione. Ci sarebbe bastato un gol per superare il Liverpool».
Quella Roma spesso arrivava seconda ma viveva in un clima a volte ostile. Adesso all’Olimpico c’è il pienone. Le fa effetto?
«Sì, mi fa effetto, in questo campionato la Roma non ha fatto una grande stagione. Ma una finale è una finale: e arrivarci fa tutta la differenza, non è mai facile».
Vincerla può cambiare la storia del club?
«Magari non sarà la Champions. Ma quanto tempo è che la Roma non vince un trofeo? Questo dice molto. Io sarò con la Roma col tutto il cuore, i tifosi lo meritano tanto».
Perché ai suoi tempi non sono arrivati trofei?
«La Roma in cui giocavo io quest’anno avrebbe vinto il campionato con dieci punti di vantaggio. L’anno in cui ne facemmo 87 con Spalletti ci credevamo. Poi ci è mancato Salah per due o tre mesi, abbiamo sbagliato un paio di partite. Facemmo il record di punti, ma la Juve di quegli anni sfiorava quota 100».
Sicuro non c’entri anche una pressione differente?
«La pressione si sente, tanto. I tifosi amano fortemente la squadra, c’è un pubblico meraviglioso, io lì ho passato 5 anni incredibili».
Ha ancora amici a Roma? «Tantissimi. Per me Totti è un fratello, come De Rossi: dal primo giorno mi hanno accolto benissimo, mi hanno fatto crescere accanto a loro».
Al Napoli invece non è andata altrettanto bene.
«Non è del tutto vero. Il primo anno con Ancelotti non era iniziato male. Ma se poi non arrivano i risultati è naturale che i tifosi se la prendano soprattutto con i nuovi acquisti. Alla fine con Gattuso avevamo vinto la Coppa Italia, l’anno dopo abbiamo perso la Champions per una partita sbagliata, e durante la stagione ci erano mancati giocatori fortissimi come Osimhen, Koulibaly, Mertens...».
A gennaio 2022 ha deciso di andare via. Il motivo?
«Chiedetelo a De Laurentiis. Ci sono stati problemi col club che per rispetto dei miei compagni che sono ancora lì non voglio dire».
Soprattutto è tornato a giocare in Grecia dopo tanta panchina.
«A Napoli quest’anno ho vinto le prime quattro partite, poi sono stato messo da parte e non ho capito perché. Ho fatto un errore con la Juve, è vero. Ma non pensavo di meritare l’esclusione».
Ce l’ha con Spalletti?
«No, è una scelta tecnica. Luciano come allenatore non si discute, è tra i migliori che abbia conosciuto. Il rapporto non è stato il migliore in assoluto: con gli altri allenatori che ho avuto il rapporto è stato sempre ottimo. Con Spalletti ci siamo comunque lasciati bene, ci siamo salutati con affetto e gli ho fatto il mio in bocca al lupo».