Giannini: "Dopo il derby è cambiato tutto. Mourinho ha capito la città”

09/05/2022 alle 08:02.
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Ora parla di Roma, al grande pubblico. Lui che la Roma l’ha amata, vissuta, anche per lunghi anni di sofferenza. Peppe Giannini: “Sono contento di questa opportunità, è una bella esperienza. Era un po’ che non mi facevo vedere in televisione“.

Beh, ha portato bene, no? 

A quanto pare sì, sono felice.

Le sue finali da giocatore della Roma, invece, non sono state fortunate. 

Nel ’91, in Coppa Uefa, abbiamo perso contro una squadra, l’, che aveva tre campioni del mondo, ma ce la siamo “incartata” noi all’andata; con il Torino, in Coppa Italia, nel ’93, è una grande vittoria che non è servita, con tre gol miei inutili.

Quale rigiocherebbe? 

Quella col Toro. Ripeto: non si fanno tre reti senza portare nulla a casa. È un mio grande rimpianto che mi porto dietro.

 

Pellegrini, il capitano, ha giocato tre semifinali europee, gente come lei, come , non c’è riuscita.

Ecco, appunto. Lorenzo è capitato al posto giusto al momento giusto. Io sono arrivato alla Roma e gente come Falcao se ne stava andando, poi sono andato via io e sono tornati altri campioni. È così, ma sono fiero di quello che ho vissuto indossando quella maglia.

 

In passato c’era stata la possibilità di entrare nella Roma? 

Sì, ma me le giocai male. Il presidente Sensi mi mandò a parlare con Baldini. Era il periodo in cui io collaboravo con Vincenzo Morabito, che in società non era apprezzato. Mi venne rinfacciato e io, invece di pensarci su, per orgoglio ho mollato e ci ho rinunciato. Se tornassi indietro reagirei in maniera diversa, sono stato troppo impulsivo.

Le piace la Roma?

Tantissimo. È diventata una squadra vera, che può vincere un trofeo. Lo meriterebbe.

È così scarsa la Conference? 

No. Intanto, è la prima edizione e comunque ha un valore. E poi, la partita dell’Olimpico contro il Leicester è stata uno spot incredibile. Il mondo ha visto e vedrete, questo trofeo, pian piano assumerà un valore diverso.

Mourinho è l’artefice di tutto? 

Ha dato un bel contributo. È un uomo schietto, diretto, a Roma piace uno così. Un trascinatore, si è calato nel popolo, ha saputo prenderlo. Così come ha fatto con la squadra, rischiando: l’ha maltratta cercando la reazione e alla fine ce l’ha avuta.

Qual è stato il punto di svolta?

Il derby. A Roma quella partita ha un significato particolare. Se la vinci, e in quel modo, cambi direzione. I giocatori prendono fiducia, l’ambiente si carica. È sempre stato così, non è mai una partita normale.

 

Come si gestiscono le forze per la finale? A Firenze è giusto preservare qualcuno? 

Abraham e Pellegrini dovrebbero riposare, ma è complicato, sono due leader. Magari tieni fuori Zalewski e Zaniolo. Ci sono calciatori come Veretout e Kumbulla che possono dare garanzie. Anche Oliveira.

Poi c’è uno Smalling in versione Aldair.

Secondo me deve prendersi più responsabilità, non tanto da un punto di vista tecnico ma come leadership, come guida. Lui deve tenere alta la squadra, che a volta si abbassa troppo e soffre. Deve parlare di più, comandare. Sarebbe perfetto.

Che squadra è il Feyenoord? 

Una formazione senza fenomeni, ma gli olandesi sono all’avanguardia. Tatticamente intelligenti, con tradizione. Sono una scuola di tutto rispetto. La Roma è favorita, ma deve stare molto attenta.

Mkhitaryan a tutti i costi? 

Se sarà al cinquanta per cento lo porterei in panchina. Ma non rischierei di non farlo giocare se non è in condizione.

(Il Messaggero)