IL TEMPO (A. AUSTINI) - E alla fine quella notte arrivò. A Leicester si gioca la partita che i romanisti stanno aspettando dal momento in cui la pratica con il Bodo Glimt era ormai sbrigata, con la gente che comprava biglietti e prenotava voli aerei per l’Inghilterra quando era ancora dentro l’Olimpico, con la testa già al futuro. La strada per la finale di Conference League - «il nostro sogno, la mia coppa » la definisce Mourinho - passa per il King Power Stadium, qui dove ha fatto la storia Claudio Ranieri e ora vuole scrivere un’altra pagina lo Special One. All’undicesima semifinale europea della carriera, su un campo che conosce benissimo, in una terra che lo ha visto protagonista nel bene e nel male, Mou prende per mano la Roma e prova a guidarla verso la meta. La incoraggia, la stimola, la mette in guardia. E adesso non resta che seguirlo. Ore 21 italiane, un’ora prima in Inghilterra, i giallorossi si giocano la prima parte di una sfida che può regalare al club una finale europea dopo 31 anni e un titolo dopo 14. Il Leicester non è il Liverpool e nemmeno il Manchester United. Fa sempre paura ma si può battere. Lo dice e lo pensa anche Mourinho: «Quando si arriva in semifinale - spiega nella conferenza pre-partita dentro il piccolo gioiellino che è questo stadio inglese - restano quattro squadre con il 50% di possibilità a testa di arrivare in fondo e il 25% di portarsi a casa il trofeo. Meritiamo la finale ma per raggiungere questo sogno dobbiamo giocare due partite di alto livello contro una squadra forte». I soldi. Ecco la vera differenza che continua a esserci fra noi e loro, fra la Serie A e la Premier e pure tra la Roma e il Leicester decimo in classifica, come sottolinea lo stesso tecnico romanista. «I club inglesi possono comprare i giocatori che servono e che altri non hanno possibilità di avere. Per me sta tutto qui. Guardate quanti calciatori offensivi hanno. Sono tantissimi e parliamo del Leicester, non di Liverpool, City o United». Li cita tutti a memoria, non fa paragoni con i suoi ma il concetto è chiaro. «Però possiamo sorprenderli tatticamente, il bello delle coppe europee è proprio il confronto tra culture diverso, il calcio ti dà la possibilità di battere chi è più forte di te». Lo informano mentre parla del tonfo della Fiorentina con l’Udinese, che lascia la Roma al quinto posto. «Lo sapete perché è successo? I viola per la prima volta hanno fatto quattro partite in due settimane. Noi faremo la tredicesima gara in Conference, abbiamo perso punti in campionato giocando ogni tre giorni e sofferto tanto per arrivare qui. Siamo partiti dai playoff, adesso siamo in semifinale: certo che avrei firmato a inizio anno». Inutile chiedere a Mourinho la conferma che giocherà Zaniolo dall’inizio, come pare probabile: «Non do vantaggi a loro». Si mette a ridere quando un giornalista inglese gli ricorda che l’ultima semifinale vinta col Tottenham ha preceduto il suo esonero, concede il giusto tributo a Ranieri («qui ha vinto il titolo più speciale di tutti») e una «carezza» al rivale di oggi Brendan Rodgers, con cui ha lavorato insieme ai tempi del Chelsea: «A parte questa gara, gli auguro il meglio. Magari lui sente questa coppa meno “sua” visto che sono scesi dall’Europa League. Io la sento mia». E darà tutto se stesso per vincerla. Perché solo così si resta Special.