Le prime sei squadre della Serie A, oggi, non rispetterebbero il nuovo parametro cadrine della sostenibilita finanziaria approvata giovedì scorso dal Comitato esecutivo della Uefa. Tra tutti i club italiani presenti nelle competizioni della stagione in corso, solo l'Atalanta ha costi per la squadra inferiori al 70% dei ricavi (incluse le plusvalenze da calciomercato). Le altre, chi più e chi meno, sono tutte al di sopra di questa soglia.
Con la difficoltà di innalzare i ricavi si dovrà chiaramente lavorare prioritariamente sul fronte dei costi, tagliando le spese peri tesserati, gli ammortamenti e i compensi per gli gli agenti. Le nuove regole, che entreranno formalmente in vigore da giugno 2022, saranno implementate gradualmente a partire dalla stagione 2023/24, quando il limite di spesa per la squadre dovrà essere pari al 90% dei ricavi, mentre sarà dell'80% in quella successiva e al 70% dalla stagione 2025/26. Già rispetto al primo step del 90%, tuttavia, c'è chi dovrà correggere l'andatura.
Prendendo in esame i bilanci al 30 giugno 2021, infatti, Inter, Juventus, Lazio, Napoli e Roma superano il 100%: ammortamenti, costi per tesserati e compensi per gli agenti assorbono più dell'intero monte ricavi. Va tenuto in considerazione anche l'effetto Covid-19, tra incassi mancati e costi differiti. Facendo una più corretta media tra i dati relativi ai bilanci chiusi al 30 giugno 2020 e quelli al 30 giugno 2021, lo scenario non cambia granché: ad eccezione dell'Atalanta (53% nel 2019 e 45% nel 2020), tutte le società superano il limite del 90 per cento. Dalla Juventus, al 91%, fino al 131% della Roma, passando per Inter (98%), Lazio (99%), Milan (101%, ma nel solo 2021 il rapporto era all'81% e quindi nei limiti) e Napoli (106%).
Inevitabilmente, i conti di queste società hanno risentito del biennio pandemico. La Roma, nel 2019, sarebbe quasi rientrata nella soglia del 70%, con ricavi totali pari a 381 milioni e costi per la squadra pari a 270,5 milioni.
(Il Sole 24 Ore)