C’era anche una meteora a celebrare la vittoria della Roma. Non è una mica metafora, è la cronaca. Agli amanti delle simbologie è piaciuto pensare che il corpo celeste salutasse il definitivo insediamento di José Mourinho, allontanando quel senso di incertezza che aveva riempito i primi mesi della nuova gestione. D’altra parte la meteora era lassù, non certo nello stanzino che l’allenatore squalificato aveva scelto per osservare la sfida. Mourinho alla Roma non si sente di passaggio: ha promesso ai tifosi di piantare radici solide, capaci di sostenere l’albero delle vittorie, radunando attorno a sé un consenso popolare plebiscitario. Ecco: dopo la seconda vittoria su due contro Gasperini, si comincia a sentire l’odore della primavera. Ha fatto molto discutere, Mourinho, per i metodi ruvidi utilizzati durante il percorso. Si è scagliato contro arbitri, giornalisti, giocatori, avversari. Ha sconfessato buona parte del mercato del direttore, Tiago Pinto, difeso a parole ma poi nei fatti poco ricompensato. Il suo piano è trasparente: Mourinho conta di completare la demolizione di ciò che non gli va a genio e di procedere con la ristrutturazione da lui ispirata. Sa di avere l’appoggio quasi incondizionato dei Friedkin, che non rinuncerebbero mai ai suoi servigi, e aspetta dalla proprietà qualche rinforzo di qualità per scalare posizioni in classifica, pur conoscendo la situazione delicata del bilancio che ha chiuso il primo semestre a -113 milioni.
(corsport)