Nervoso e arrabbiato con l’inviato di Striscia la Notizia che voleva consegnargli il Tapiro d’oro, più rilassato e disponibile con gli studenti dell’Istituto comprensivo “Sandro Onofri” alla Magliana con cui, collegato a distanza, ha parlato nell’ambito del progetto “A scuola di tifo” di fair play, Un Mourinho a due facce, che con il suo stato d’animo riflette gli umori non solo della squadra giallorossa, ma anche di una tifoseria che comincia a farsi delle domande sulla bontà del progetto romanista. Già da allenatore dell’Inter, il 23 gennaio 2009, il tecnico portoghese nella sua villa sul lago di Como aveva rifiutato il “premio” da parte della trasmissione televisiva. La scena si è ripetuta a Roma, con lo Special One che alla vista dell’inviato della trasmissione satirica si è dileguato. È stato invece un Mourinho molto più “umano” quello che si è concesso ai ragazzi del programma a «A scuola di tifo», progetto di Roma Cares volto a sensibilizzare gli studenti su tematiche socialmente rilevanti e dedicato a Willy Monteiro, il ragazzo brutalmente ucciso nel 2020 a Colleferro. “Prima di diventare allenatore – ha raccontato Mou – sono stato un insegnante di bambini per 5 o 6 anni. È una cosa che mi piaceva tanto fare perché i bambini sono incredibili. Anche oggi con due figli di 25 e 21 anni, ho tanta nostalgia di quando loro ne avevano 10-11, un’età fantastica. Penso che i maestri abbiano più responsabilità degli allenatori, perché ti preparano alla vita. Spesso questo si dimentica, ma io sono figlio di un insegnante e sono stato io stesso insegnante e per questo ho grande rispetto per il loro lavoro”.
(corsera)