Non è un Paese per vecchi. Allenatori, intendo. Vecchi nei metodi di lavoro più che nella carta d'identità. Parlo di Josè Mourinho, non per niente conosciuto da tutti come lo Special One, e di Max Allegri, che poi sarebbe un Mourinho che non ce l'ha fatta. Nelle 4 partite giocate contro 4 grandi, Lazio (2-3), Juventus (0-1), Napoli (0-0) e Milan (1-2), tre delle quali disputate all'Olimpico, la Roma ha raccolto la miseria di 1 punto su 12. Solo con la peggiore Juve dell'ultimo mezzo secolo è parsa poter competere, ciononostante in tutte e 4 le occasioni Mou ha dato la colpa dei flop all'arbitro titillando le corde della tifoseria più sempliciotta, senza mai accennare alla minima autocritica. Mourinho non ha esitato a mettere alla gogna i giovani giocatori schierati dal primo minuto a Bodo come Mayoral, Darboe, Villar, Diawara, da quel giorno spediti ignominiosamente in tribuna. Nessuno lo dice ma la verità è che Mourinho, come Allegri, è un allenatore che non è più tecnicamente parlando al passo con i tempi. Fino a qualche anno fa essere quell'eccellente motivatore che Josè fu, per l'ultima volta, sulla panchina dell'Inter bastava; ma il calcio corre a mille all'ora, cambia e si trasforma; e oggi l'allenatore bravo è quello che motiva i giocatori mostrando, invece degli occhi di tigre, l'importanza e il valore di un gioco corale, di movimento e di movimenti mandati a memoria, fatto di veloce recupero palla e di prolungato possesso palla e condotto aritmi altissimi.
(Il Fatto Quotidiano)