Sotto la Nord corre in tuta Maurizio Sarri, che fa festa, sorride, con i suoi calciatori, tutti. Mano nella mano, cuore a cuore. Non è da meno il collega, José Mourinho, che è perdente ma rialza subito la testa, fa il capo, raccoglie i suoi, parla, chiede, spiega e poi li porta tutti sotto la Sud («abbiamo trovato la nostra intimità, come tra le mura dello spogliatoio»). Riequilibrando il distanziamento fisiologico che c'è tra i due mondi. Ma diciamo che va bene, è derby anche questo, no? Mourinho cercava nemici e il loro rumore e in questi ultimi cinque giorni li ha trovati, il culmine è stato proprio il derby: prima l'arbitro Rapuano, che ha espulso Pellegrini e poi Guida (nel finale, visitato anche dal gm Pinto), che a suo dire si è perso «il rigore di Zaniolo, da cui poi nasce il raddoppio della Lazio e il secondo giallo a Leiva. Lucidissimo anche sulla partita, non vuole toccare il morale della squadra, che ha preso comunque una bella botta, ma lo tira su, sempre a modo suo, come un tempo, come il vecchio Mou. «Noi siamo sereni anche nei momenti di difficili. Siamo andati in difficoltà solo per dieci minuti. Orgoglio e qualità ci sono stati, meritavamo un risultato diverso e l'arbitro è stato decisivo in questa partita. L'arbitro ha sbagliato, il Var ha sbagliato, non so se da Coverciano o dove sono...». Ha creduto nella rimonta, e per poco non aveva ragione, la Roma non è crollata, è stata sempre in partita. Un Mourinho caldo anche nella sala stampa e non solo davanti alle telecamere: lite stavolta con i delegati della Lega, che impedivano ai giornalisti di rivolgergli le domande. Secondo certe regole, era l'ufficio stampa della Lazio a dovergliele riferire. Ma no, non esiste, e la conferenza viene disertata.
(Il Messaggero)