Eusebio Di Francesco è tornato a Pescara: casa è l’unico posto comodo quando non trovi risposte a domande che nemmeno riesci a farti. La ferita sanguina, stavolta a cicatrizzarsi ci metterà di più perché l’esonero di Verona non è solo un dispiacere professionale, ma anche un tradimento umano. Ciò che più sorprende è che l’esonero di Verona è il terzo consecutivo per Di Francesco, il quarto se contiamo anche quello di Roma. Vale la pena di fare un riassunto. Dopo aver condotto il Sassuolo prima in A e poi in Europa League, Di Francesco si siede sulla panchina della Roma nel 2017 e arriva terzo guidando i giallorossi alla semifinale di Champions: nei quarti il Barcellona viene eliminato dopo lo storico 3-0 dell’Olimpico. In semifinale il Liverpool vince 5-2 ad Anfield e non basta il 4-2 per la Roma al ritorno. Però ci sono cose che i numeri non possono raccontare. Senza il grave errore arbitrale contro il Porto, ad esempio, Di Francesco avrebbe giocato i quarti di Champions con la Roma e avrebbe probabilmente concluso la stagione riflettendo con calma sul futuro. La scelta della Sampdoria fu sbagliata, Di Francesco si accorse subito dell’errore: quello non era il suo ambiente. Lì, soprattutto, non poteva insegnare il suo calcio. La passione per il calcio e la voglia di stare sul campo l’hanno spinto comunque ad andare a Cagliari, ma le cose non hanno funzionato anche a causa di qualche episodio sfortunato (tre partite perse nel recupero hanno compromesso il cammino). A Verona non ha nemmeno fatto in tempo a seminare: esonero rapidissimo, che dimostra scarsa lucidità da parte della società.
(gasport)