Quando qualcuno l’ha visto nella lista dei titolari, ha subito pensato a quella quarantena light di cinque giorni, chiedendosi se Abraham l’avesse fatta davvero o meno. Ma alla fine conta poco. Piuttosto, contano quei due assist, la traversa e l’espulsione procurata di Dragowski. E conta soprattutto l’impatto che Tammy ha avuto con la Roma, con il calcio italiano, con l’Olimpico ed i colori giallorossi. La prestazione di Dzeko sabato a San Siro aveva lasciato qualcuno con l’amaro in bocca, quella di Abraham di ieri ha spazzato via qualsiasi dubbio. Con il centravanti sempre pronto ad attaccare la profondità. Sempre nel cuore della partita. Così tanto che quando ha dovuto lasciare il campo per un indurimento al flessore della coscia sinistra l’Olimpico si è alzato tutto in piedi per salutarlo. Mancato il gol, ma c’è stato tutto il resto. Ed è tanta roba. Mourinho con Abraham ieri ha voluto rischiare, ma sapeva di poterlo fare. Si fidava. “In questi 5 giorni ha fatto allenamento con lo schermo e basta, per Tammy è stata una settimana strana, ma aveva lavorato bene 5-6 settimane con il Chelsea, giocando anche delle amichevoli importanti contro Arsenal e Tottenham. Fisicamente aveva i sessanta minuti nelle gambe, ho scelto di metterlo perchè con la pressione alta di Igor e Milenkovic lui è uno bravo ad abbassarsi e dialogare con i trequartisti. Più funzionale per questo tipo di situazione, più bravo a far scendere la difesa avversaria. Certo non è facile mettere in panchina Shomurodov, che veniva da 3 gol in 3 partite. Ma quando abbiamo trovato spazio l’ho messo dentro, perché lui è più mobile e quando può andare in profondità è difficile da fermare“.
(gasport)