IL TEMPO (P. TORRI) - È stato il mio unico, riconosciuto, inimitabile, Maestro. Non solo di giornalismo. Perché Gianfranco Giubilo mi ha regalato un modo diverso di guardare alla vita, alla gente, ai diversi, ai geni, agli stupidi, al senso delle cose. Grazie a una dote che è degli intelligenti. Quella del disincanto, arricchito da una dose di umorismo che ti regalava sempre un sorriso. Come quando io, giovane giornalista al Tempo di cui Gianfranco è stato una colonna fondamentale per decenni, lo mettevo al corrente di un viaggio di lavoro in aereo e lui con quegli occhi che ti parlavano prima delle parole, ti diceva «hai lasciato una foto in segreteria?».O come quando, al termine di una puntata della «Signora in giallorosso», a un politico da quattro soldi che era stato ospite, lo congedò con un «grazie lo stesso» con il politico da quattro soldi che lo ringraziò senza capire che lo aveva triturato. O, anche, quando di fronte a qualsiasi domanda gli fosse posta, ti rispondeva con «official o para amigos?», offrendo poi le due versioni che erano sempre opposte e meravigliosamente ironiche.
È stato una persona straordinaria. Inevitabilmente è stato uno straordinario giornalista. Ha fatto la storia del giornalismo sportivo italiano, grandissimo conoscitore di calcio (e non solo) e calciatori. Grazie alla sua naturale signorilità e soprattutto non scendendo mai a compromessi, non ha mai voluto cavalcare la popolarità, e le possibili conseguenti ricchezze, che gli era arrivata quando fu uno dei primi a decretare il successo di quel fenomeno televisivo che all’inizio fu il «Processo del lunedì». Quando capì che da quelle parti prendevano in considerazione soltanto il «para amigos », salutò la compagnia senza mai voltarsi indietro. Perché Gianfranco era diverso da tutti gli altri. Un uomo e un giornalista di valori. Una persona che sapeva ascoltare gli altri, pure se parlavano di cose distanti anni luce dalla sua posizione.
Un uomo di una cultura senza confini, era ricco soprattutto di libri. Un professionista che raccontava solo la verità che gli era conosciuta. Aveva una capacità di scrittura fantastica. Preferiva la macchina da scrivere ai computer, ma si era adattato anche alla tecnologia. Che, peraltro, a lui serviva poco. Una volta, tanti anni fa, i pezzi gli inviati li dettavano al telefono. Gianfranco non aveva bisogno di scriverli. Doveva fare ottanta righe? Nessun problema. Te lo dettava a braccio e, alla fine, si poteva sbagliare di una riga. Fantastico Gianfranco. Ci hai salutato Maestro. E stavolta è tutto official, altro che para amigos.