Pur avendo vinto la corsa al Campidoglio (anche) puntando forte sulla ferma opposizione al nuovo Stadio della Roma, Virginia Raggi una volta eletta “scoprì” che bloccare il progetto a Tor di Valle non era possibile. E che l’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini non era la persona giusta per uscire dal vicolo cieco in cui la giunta si era infilata. C’è di fondo uno scarico di responsabilità politiche nell’ora di testimonianza con cui la sindaca ha ripercorso ieri quei mesi di trattative senza esito: “Prima di revocare la delibera di pubblico interesse – ha detto Virginia Raggi rispondendo alle domande del pm Luigia Spinelli – chiesi un parere all’Avvocatura che paventò il rischio di dover pagare enormi risarcimenti ai privati. L’assessore Berdini era però irremovibile e ci stava portando a schiantare, opponendosi al progetto con interviste e proclami ma senza adottare nessun atto concreto". Era da poco stato arrestato il mio capo di Gabinetto, Raffaele Marra, e anche per evitare un nuovo caso politico e fare tutto con la massima chiarezza, il Movimento mi propose allora la figura di Lanzalone quale avvocato esperto di urbanistica. Proposi a Berdini di farsi affiancare da lui, ma rifiutò“. “E quando presi le deleghe dell’urbanistica nel febbraio 2017 – ha aggiunto la sindaca – Lanzalone mi fece da consulente. Incontrava anche i privati, ma la linea politica era mia. C’erano tensioni e la maggioranza era spaccata ma la sua figura tranquillizzò Beppe Grillo. Fu difficile per me far comprendere ai consiglieri che diventando maggioranza dovevamo tenere conto delle conseguenze della revoca. Dissi loro: o approviamo la colata di cemento, o revochiamo la delibera ma tutti dovete essere presenti al voto senza mal di pancia, o troviamo una soluzione per limitare i danni. Decidemmo di modificare il progetto, rendendolo migliore e più sostenibile“.
(corsera)