Nella sofferenza, a volte arrancando e lasciando all’Ajax l’impressione di aver meritato di più. Difendendosi senza vergognarsi di farlo. Compattandosi nella serata del miglior Dzeko dell’anno e dell’azione decisiva di Calafiori, 15 anni il primo e 18 il secondo. E forse è proprio questo il simbolo: il più vecchio e il più giovane che portano avanti la squadra tutta. A tre anni da quella di Champions League contro il Liverpool, la Roma ritorna in una semifinale. Di Europa League, questa volta, ma non è un’impresa minore perché tiene l’Italia ancora in Europa, regala alla nuova presidenza Friedkin una bella vetrina e dà un significato al finale di gestione intristito dal settimo posto in campionato. Tre anni fa la semifinale arrivò con la notte magica della “remuntada” contro il Barcellona di Messi e questa volta basta invece un 1-1 contro l’Ajax che ha sprecato le sue occasioni all’andata, con il rigore fallito da Tadic e la papera del portiere Schepers, sostituito ieri da Stekelenburg. Ma il calcio è questo e la Roma deve essere fiera di aver fatto il suo dovere.
(corsera)