Sabatini: "A Roma hanno capito tardi il mio lavoro? I morti riscuotono sempre più successo dei vivi"

13/03/2021 alle 16:25.
walter-sabatini

CALCIOMERCATO.COM - Al portale specializzato di mercato, Walter , ora al , ha rilasciato una lunga intervista in cui ha parlato anche della sua esperienza come direttore sportivo della Roma. Uno stralcio delle sue dichiarazioni:

Ricorda quando parlava della Roma spiegando la difficoltà di riconoscersi come persona fisica al di là del ruolo? 
“Sì, ero il ds del club in qualsiasi momento della giornata, qualsiasi cosa facessi”. 

Una fantastica dichiarazione d’amore. A che punto siamo col ?
Vivo una passione crescente, questa città mi offre ogni giorno qualcosa di nuovo per amare di più. Qui ricopro un ruolo diverso, ci sono anche Di Vaio e Bigon, non sono il fulcro, ma sento che mi sto innamorando”. 

A Roma hanno capito tardi che lavoro aveva svolto e che patrimonio avrebbe lasciato al club.
“Normali dinamiche della vita, i morti riscuotono sempre più successo dei vivi. Ma da morti si sta bene, non è come dicono”. 

Mi fa pensare che è finalmente riuscito a staccarsi da quel contesto. 
“È che sto assistendo ai miei funerali con un certo distacco. Non sono più in quel vortice di sentimenti, che invece adesso si sta accendendo per il . Non voglio essere banale, ma ammiro molto i miei calciatori, mi emoziono ogni volta quando li vedo scendere in campo e mi batte il cuore quando Tomiyasu interviene in scivolata e poi gioca con pulizia la palla usando il piede debole. Mi emoziono anche quando Palacio brucia in velocità ragazzini di vent’anni più giovani, quando Barrow rientra e calcia all’incrocio, quando Danilo vince un duello aereo e Gary Medel esce vincente da un tackle scivolato. Ma in generale mi emoziono quando gioca la mia squadra, cioè il , che per me è motivo d’orgoglio. Sinisa Mihajlovic ha dato a questa squadra un volto, una mentalità, un modo di essere e interpretare la partita, che agevola di molto la prestazione individuale di ognuno di loro​”.

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Le piace l’etichetta di visionario del calcio?
“Mi piace perché penso sia vera”. 

Per molti è un maestro, ma a sua volta da chi sente di aver imparato qualche trucco del mestiere?
“Io non sono un maestro, d’altronde la mia postura verso la vita è impaziente e lo è ancora di più verso il calcio. I maestri sono invece quieti e riflessivi. Da giovane ho avuto dei riferimenti, ho rubato qualcosa a Ricky Sogliano, che era un coraggioso, un decisionista. Nel 1982 era il ds del Parma e svecchiò di molto il gruppo. Non aveva paura di scommettere sui giovani (Salsano, Pari, Aselli) e quell’anno in squadra ce n’era tra gli altri uno molto bravo, che aveva 15 anni, ma che carattere… Eravamo al ristorante in un pranzo pre gara in vista della trasferta di Trieste, si avvicinò il e chiese se a qualcuno servissero biglietti, nessuno alzò la mano, Trieste è lontana… Nessuno alzò la mano tranne uno, il quindicenne: a me ne servirebbero cinque. Scoppiammo a ridere, se questo a 15 anni chiede 5 biglietti, cosa chiederà a 20 anni? Era Nicola Berti”. 

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Che padre è stato?
Fisicamente assente, ma vicino con l’anima. Posso dire di avere un figlio speciale, ma lo è stato fin da bambino, con quella sua commovente passione per la Roma e per , nonostante adesso io non ne faccia più parte. Ha sempre amato Edin, fin dai tempi del City, ricordo ancora i suoi occhi quando gli dissi che sarei partito per andare a trattarlo. «Santiago, papà deve andare via per un giorno, vado a comprare ». « alla Roma? Non è possibile». «Non torno senza». Gli feci questa confidenza, so che non tradirebbe mai la mia fiducia. Il giorno dopo i giornali aprirono con la notizia “La Roma pensa a ”, mi chiamò in lacrime giurandomi di non aver parlato con nessuno. Gli risposi di non preoccuparsi e che sapevo non appartenesse a lui alcuna responsabilità. Senza Santiago sarei probabilmente già morto, è la mia luce. La giustificazione della mia vita”.

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Non crede di dare ancora troppo valore a un mestiere che nel calcio moderno sta scomparendo?
“È vero, quella dei ds è una categoria in declino, è incontestabile perché attiene alle abitudini e agli intendimenti delle nuove proprietà, soprattutto quelle provenienti dagli Stati Uniti. Moneyball ha fortemente intossicato l’ambiente e fatto nascere un’altra tendenza, quella di attribuire a statistiche scouting un’importanza risolutiva. Ma il calcio è fatto di tantissime altre cose e mai si potrà prescindere dalla figura del direttore sportivo”. 

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Cos’è la sconfitta?
“Qualcosa di intollerabile, di indecoroso. Mi toglie dignità, mi costringe ad abbassare lo sguardo”. 

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Con ha un altro rapporto. 
“Intanto perché ci ho lavorato, mentre con la conoscenza è marginale, fatta salva la stima che ho di lui e di cui è a conoscenza. Con c’è un altro rapporto perché abbiamo lavorato e sofferto insieme. Quando parliamo di Luciano, parliamo di un genio assoluto. Non vedevo l’ora che arrivasse furente nel mio ufficio, con quello sguardo sbarrato, per presentarmi questioni irrisolvibili”. 

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Qualche suo ex calciatore sostiene vedesse troppe ombre, temendosi al centro di discorsi diffamatori ogni qual volta si creava un gruppetto lontano da lui. 
“Non bisogna mai ascoltare i calciatori che parlano dell’allenatore dopo, così come non bisognerebbe ascoltare i discorsi degli impiegati che parlano del capufficio dopo la conclusione del rapporto. è un provocatore, attinge alla sua genialità. I calciatori sono poco attendibili, ha ragione Márquez, La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla. E io conservo meravigliosi ricordi di ”.

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In sei anni a Roma appariva e scompariva, nessuno riusciva a pescarla con le mani nel sacco durante una trattativa.
“Mi sono specializzato nel trasformismo”. 

Ci sarà stato qualche cameriere che l’ha ripresa di nascosto col cellulare o qualche albergatore in un sottoscala…
“L’importante è che non mi abbiano visto o ripreso con qualche donna”.

Mi racconta la trattativa più esaltante?
. Avevo intuito immediatamente che potesse essere quel tipo di calciatore capace di fare impazzire di gioia i tifosi della Roma”. 

C’era anche l’, ma Fassone si tirò indietro per non mettersi in mezzo al contenzioso tra e Chelsea.
“Io mi tuffai dentro con tutta la grinta che avevo in corpo. Andai a Londra a trattare con Marina Granovskaia e mi ero portato avanti anche con il suo agente. Ho vissuto quella trattativa come un golpe, l’operazione sembrava impossibile e invece alla fine è arrivato alla Roma”. 

Qual è stata invece la delusione più cocente?
“Non posso dirtelo perché ne ho avute troppe o per lo meno una rilevante quota di delusioni, sia per cose che non sono riuscito a fare sia per come si sono espressi taluni calciatori”. 

[...]

Il è la sua sfida finale?
“Si, ma è una sfida che si rinnova. Voglio portarlo in Europa e poi iniziare altre sfide”.

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