REPUBBLICA.IT (M. PINCI) - La rabbia di Ronaldo ha fatto il giro del mondo. Insieme a immagini che, nel 2021, sembrano diapositive di un passato che avevamo dimenticato. È successo venerdì sera: il fuoriclasse del Portogallo calcia, il pallone va in porta e viene rinviato quando però ha già oltrepassato la linea dal difensore della Serbia Mitrovic. Ma gli arbitri anziché assegnare il gol lasciano giocare, mentre tutti a casa, davanti alla tv, già sanno del loro errore irrimediabile. Una scena che ha sollevato su scala europea una domanda: perché le qualificazioni ai Mondiali 2022, la più importante competizione calcistica del mondo, non possano usufruire dell'ormai diffusissima tecnologia?
Una partita senza Var e Goal line technology - ossia il rilevatore che indica se il pallone abbia oltrepassato o meno la linea di porta - forse non la vedevamo da anni. Ma non tutte le partite per volare in Qatar avranno le stesse condizioni: a Parma per Italia-Irlanda del Nord la Goal Line era presente: basta che ne siano forniti gli stadi e che entrambe le federazioni siano favorevoli. Magari a Belfast al ritorno potrebbe non esserci, come non c'era ieri a Sofia per Bulgaria-Italia. Una condizione anomala di disparità, figlia di una parola che in queste qualificazioni è dominante: autonomia. La Fifa infatti da anni ha scelto di delegare alle singole confederazioni l'organizzazione dei gironi, dei calendari, della gestione dei diritti tv e delle singole partite. Per le qualificazioni in Europa, quindi, se ne occupa la Uefa. Che ha scelto: niente Var, sì alla Goal line per chi ne dispone. In Sudamerica invece si insegue un posto in Qatar con l'aiuto della tecnologia su tutti i campi: a novembre il Var ha annullato un gol a Messi in Argentina-Paraguay ed espulso Cavani in Uruguay-Brasile. La Conmebol - l'equivalente locale dalla nostra Uefa - ha infatti ritenuto di poter garantire il funzionamento della tecnologia. In Europa no e lo abbiamo pagato: oltre a Ronaldo, anche De Ligt è stato privato di un gol per un motivo identico.
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