SPORTWEEK - Pietro Castellitto, l'attore che ha interpretato Francesco Totti nella serie “Speravo de morì prima”, in onda su Sky a partire dal 19 marzo, ha rilasciato un’intervista a al settimanale de “La Gazzetta dello Sport“. Queste le sue perole: “Sono cresciuto col poster del Capitano in camera. Ho iniziato ad andare all’Olimpico con papà. Una volta anche per una partita della Lazio, che perse 3-2 col Parma. Esultai come un matto, mi salvò solo il mio essere bambino. Al liceo poi ho fatto l’abbonamento in curva. Fino al trauma: la rimonta scudetto del 2010 con Ranieri allenatore. Dodici punti presi all’Inter e poi quella maledetta sconfitta in casa con la Sampdoria. Mi ci volle un po’ per elaborarla“.
Gesti eclatanti?
In occasione della rimonta sul Barcellona ero allo stadio e papà a casa. A fine partita mi mandarono una foto di lui in mutande che sventolava la bandiera giallorossa. Era fuori controllo.
Quando hai conosciuto Totti?
Emotivamente da sempre, tutti i miei ricordi legati al calcio sono stati cadenzati dalla sua carriera. Per me non è mai stato un ragazzo, io ero il bambino e lui il grande. In un diario scrissi che il calcio non avrebbe avuto senso senza di lui.
Cosa ha provato a essere Totti?
Ho provato come un senso di sdoppiamento. Volevo essere quel poster, alla fine è andata bene, non ho mai pensato di voler rinunciare.
Come si è preparato?
Il recente documentario su di lui aveva la stessa casa di produzione del film, quindi ho potuto vedere tutte le immagini della famiglia Totti. Questo mi è servito molto, ma in verità altro non ho fatto che concentrarmi su quelle situazioni o gli aneddoti che mi ricordavo di lui. Per esempio i segni di “silenzio”, “quattro” e “vai a casa” a Tudor o lo scherzo a Pjanic in Sassuolo-Roma. Situazioni per me legate alla sua essenza e unicità.