Il calcio sottovuoto: un anno senza tifosi

06/03/2021 alle 10:44.
olimpico-vuoto

Un anno di calcio ( e di sport) senza spettatori. Ci si attendeva un record per assenza di alternative, è successo invece l'opposto.

Mancano gli stimoli che danno i tifosi e mancano le grandi rimonte. La stessa squadra può servire da esempio: la Lazio. Gioca il derby con la Roma e la schianta con due reti in 8 minuti. L'avversario non reagisce. E la partita più importante eppure si lascia scorrere il risultato addosso. Poi la stessa Lazio si ripresenta in una serata di gala contro il Bayern e stavolta accade l'opposto: incassa due gol in 13 minuti. Ancora: nessuna reazione. La superiorità dell'avversario spiega il risultato, ma non la sua maturazione. I ripetuti sbagli dei difensori (Ibanez nel primo caso, Musacchio nel secondo) sono (anche) errori da stadio vuoto: manca il grido d'allarme lanciato da migliaia di voci, la successiva riprovazione dello stesso coro.

Altro paradosso: le classifiche delle prime venticinque giornate, con o senza pubblico, non mostrano una variazione omogenea. Soltanto tre stadi vuoti hanno un effetto clamoroso: due nel male e uno nel bene. I primi sono Anfield e il Camp Nou. Il Liverpool è arrivato alla quinta sconfitta casalinga consecutiva e non era mai accaduto in 128 anni di storia. Pure a , non è tanto che manchi , è mancato il giudizio di Dio su . Come quella del vuoto benefico al Meazza. In 25 giornate giocate in due campionati, le prime a porte aperte, le seconde a porte chiuse, il saldo del Milan è +17 punti, +6 posizioni e zona . Quello dell' è +2 punti, +2 posizioni ma quel che conta: testa della classifica con distacco di 6. In questo caso il loggione ammutolito sembra un fattore propulsivo.

Se il dodicesimo uomo è un fattore alterno, entra in campo comunque il tredicesimo: l'allenatore. La sua presenza è più determinante, sua la voce solista del controcanto. Chi più lo fa () più sembra ottenere. Si spiega anche con la compostezza di Fonseca l'incapacità della Roma di ottenere punti con le altre di testa.

(La Repubblica - G. Romagnoli)

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