Oggi Dan Friedkin compirà 56 anni e così ha deciso di farsi un regalo: un nuovo stadio per la Roma. Dopo oltre otto anni di speranze, il progetto sull’area di Tor di Valle, su cui l’ex presidente Pallotta e l’imprenditore Parnasi avevano firmato l’accordo il 30 dicembre 2012 a Orlando, è definitivamente tramontato. Sono bastate 199 parole per dirgli addio: Non sussistono più i presupposti per confermare l’interesse... essendo il progetto divenuto di impossibile esecuzione; la pandemia ha radicalmente modificato... le prospettive finanziarie dell’attuale progetto; vogliamo realizzare uno stadio verde, sostenibile ed integrato con il territorio, discutendo in modo costruttivo tutte le ipotesi, inclusa Tor di Valle». Andiamo con ordine. Il Comune è stato già avvisato ieri della presa di posizione e – nonostante le critiche feroci ricevute ieri dalla opposizione («giunta Raggi fallimentare», ha detto il Pd) – già venerdì prossimo ci sarà un incontro per valutare nuove aree. L’amministrazione non fa drammi e scrive: «Si tratta di una valutazione imprenditoriale. Le opere pubbliche previste verranno portate avanti». Ma qual è stato il «casus belli» che ha fatto rompere gli indugi? Secondo la Roma, il pignoramento per 1,6 che grava sui terreni, infatti, non rendono più l’area nella disponibilità del proponente, cioè Eurnova, la società di Parnasi in predicato di essere acquistata dal ceco Vitek. I Friedkin ora vorrebbero investire circa 400 milioni per un impianto più piccolo (45.000 posti) e senza «business park», contando di avere i permessi in due anni circa e pensando a una realizzazione in altrettanto tempo. Morale: se tutto andasse nella maniera migliore per il 2026 il nuovo stadio potrebbe vedere la luce. Ma dove? Non ci sono preclusioni. Il sogno sarebbe poter rifare il Flaminio, ma i vincoli della Soprintendenza – per il momento – non consentono di avere uno stadio a 5 Stelle utile per la Uefa. Così riaffiora l’ipotesi a Tor Vergata,
(Gasport)