Per Tiago Pinto il senso di appartenenza è fondamentale. Lo è stato nella sua vita, prima e post Benfica. E non è un caso che lui, tifosissimo delle aquile biancorosse, abbia lavorato a lungo lì, dove gli batteva forte il cuore. E chissà forse anche per questo i Friedkin hanno deciso di virare forte su di lui, dopo un paio di mesi passati a capire chi poteva essere l’uomo a cui mettere in mano il futuro giallorosso.
Una cinquantina di titoli vinti alla guida della polisportiva (successi con pallamano, pallavolo, futsal e hockey) e ben 5 nei tre anni in cui si è occupato del Benfica. Nella Roma farà il general manager perché non ha la qualifica di direttore sportivo. Ma forse è giusto così, nel senso che anche nella Roma il portoghese si occuperà di tante cose. Valori, appunto. Pinto insiste anche su questo, oltre che sull'appartenenza. Un club lo studia a 360 gradi, con un’area scouting che fa relazioni tecniche e sociologiche. Insomma, prima di prendere un giocatore valuta quanto sia bravo, ma anche che testa abbia. E usa la testa per prenderli. I Friedkin li ha conquistati con il progetto e gli scritti, è l’unico che davanti a Dan e Ryan ha portato fatti concreti.
(Gasport)