Totti è come la Madonna, un atto di fede. Non si discute, si ama (o lo si invidia, se ti giocava contro). E adesso che non si può più ammirare sui campi, lo si può almeno stare ad ascoltare. Come fa il regista Alex Infascelli in «Mi chiamo Francesco Totti» [...].
Ogni tanto il film cerca di trasformarlo in un supereroe, che spunta dal buio o si muove tra le fiamme, ma lì senti subito che c’è qualcosa di stonato, di finto. Per fortuna poi lo rivedi con la palla al piede e Totti ridiventa Totti. Per sempre in excelsis.
(Corsera - P. Mereghetti)