C'è poco da ridere dando un'occhiata al bilancio della Roma, che registra (come stima) un passivo di 204 milioni al 30 giugno. Si tratta della seconda perdita più alta dopo quella dell'Inter (207) datata ormai 2006-07.
Che i conti dovessero registrare un forte passivo era già chiaro il 31 marzo, quando il club aveva chiuso con un rosso di 126,4 milioni. La pandemia ha fatto il resto, aggravando una situazione già di per sé molto critica. Ieri il club - su richiesta della Consob - ha diffuso un comunicato nel quale indica una stima di «perdita civilistica di 188 milioni, con un peggioramento del patrimonio netto separato di As Roma spa stimato in negativo per 88,1 milioni a fine esercizio. A livello consolidato - si legge - la perdita dell'esercizio è stimata in 204 milioni e il patrimonio netto consolidato al 30 giugno scorso è stimato negativo per 242,5 milioni (in flessione di 115 milioni rispetto a un anno fa, ndc) ed ha determinato un ulteriore peggioramento del patrimonio netto separato di A.S. Roma S.p.A., che a fine esercizio è stimato negativo per 88,1 milioni di euro, rispetto ad un valore positivo pari a 10,5 milioni al 30 giugno 2019, con una flessione di 98,6 milioni».
Una situazione che conferma quanto sia stato reale il rischio di fallimento senza l'intervento dei Friedkin. Il magnate texano ha già sborsato 77,6 milioni (in tre tranche: 10+53+14,6) per sostenere l'attività del club (in particolare 63 milioni come finanziamento soci e 14,6 milioni per pagare una commissione dello stesso importo ai bondholder del prestito della controllata Asr Media e Sponsorship) ma vista l'attuale situazione economica, già ieri ha lasciato intendere come non venga escluso d'integrare l'aumento di capitale da 150 milioni attuale, già deliberato e da attuare entro fine anno, per consentire il risanamento del pesante deficit patrimoniale.
(Il Messaggero)