IL TEMPO (T. CARMELLINI) - Calma e gesso! Quello che inizia oggi, dopo l'atteso closing dell'affare Roma, non sarà il decimo anno targato Pallotta, ma il primo della nuova era Friedkin. Nel senso che i tifosi non si potranno aspettare fuochi d'artificio, almeno non da subito. Anzi dovranno dare tempo ai nuovi proprietari di capire, valutare e poi agire per far crescere la Roma e portarla al successo. Intanto hanno fatto quello che dovevano, mettendo soldi freschi in una società che senza questo intervento avrebbe rischiato grosso dal punto di vista economico: se non proprio una bancarotta, almeno un vistoso ridimensionamento, perché era chiaro che i soci di Pallotta di continuare a metter soldi non ne volevano più sapere. Ed è proprio questa una grande differenza tra le due gestioni americane così vicine ma allo stesso tempo altrettanto lontane.
Pallotta ha agito per nove anni con soldi non suoi, o meglio gestendo i denari di un fondo che aveva deciso di investire sulla società giallorossa. Friedkin invece arriva al comando della Roma in quella che viene definita in gergo un «vanity asset» (una sorta di acquisizione per volontà di mostrarsi: anche se la spiegazione detta cosi può sembrare un po' riduttiva): e lo fa con soldi «solo» suoi. Mettendo mano al portafoglio, con la voglia e la passione sportiva di un imprenditore che ha deciso di gettarsi in una nuova sfida. Ma anche con l'accortezza di coloro che mettono in gioco soldi propri e non flussi di denari altrui. E' chiaro che l'obiettivo di chi investe in un club sportivo è il raggiungimento di risultati, vittorie, blasone. Però per farlo ci vuole tempo e nonostante i molti menestrelli che già si candidano a grandi informatori il texano, e il figlio Ryan (che verrà qui in pianta stabile per fare il presidente della Roma) non hanno ancora mai messo piede nella Capitale.
Ci sono mille cose da fare ancor prima di iniziare a pensare alla squadra, una dirigenza da sfoltire o modificare a propria immagine e somiglianza e molto altro. Poi si inizierà a pensare alla Roma vera e propria e da lì in avanti Friedkin dovrà iniziare a mostrare il suo valore dal punto di vista imprenditoriale: perché in questo «gioco» non basta avere i soldi e il «fallimento» di Pallotta nonostante le buone intenzioni sta lì a dimostrarlo. Ma a Roma il popolo giallorosso, che con il «vecchio» americano non ha mai trovato feeling, è comunque pronto a dare anche al nuovo «Zio d'America» la sua chance.