Il City, il Tas e il futuro del Financial Fair Play

15/07/2020 alle 15:46.
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[..]  La decisione del Tas di riammettere il Manchester City nelle Coppe europee era abbastanza prevedibile: le informazioni utilizzate dalla Uefa come prove (provenienti dall'inchiesta giornalistica Spiegel-Football Leaks) erano frutto di hackeraggio illegale e pertanto acquisite illegittimamente, falla della condanna cui si è aggiunta la prescrizione. E qui vengono a galla le colpe dell'Uefa, troppo morbida nell'affrontare tempestivamente l'evidente artificio di mascherare da sponsorizzazioni i non consentiti finanziamenti diretti della proprietà. Il Manchester City emiratino e i "cugini" qatarioti del Paris St. Germain dovevano essere sanzionati anni fa. Non si è avuto il coraggio di farlo perché il calcio di quei massicci investimenti in arrivo dal Golfo allora aveva troppo bisogno. Una variante pallonara del "too big to fail", troppo grandi per fallire, o per essere puniti. Tuttavia, la notizia della morte del Financial Fair Play è da considerare esagerata. Due erano gli obiettivi principali delle norme approvate dall'Uefa giusto dieci anni fa. Il primo, rimettere in sesto i conti del calcio europeo, è stato raggiunto: si è passati da un rosso complessivo di 1.670 milioni di euro nel 2011 a un attivo di 140 milioni nel 2018 e l'indebitamento netto è sceso dal 53% al 40% dei ricavi (anche se adesso gli effetti della pandemia cambieranno il quadro). Il secondo, ricreare un maggiore equilibrio competitivo, è invece clamorosamente fallito. I grandi ricchi sono sempre meno e vincono sempre di più, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale. Il divieto di apporto di capitali propri ha impedito a club potenzialmente emergenti, o riemergenti, come l', di portarsi rapidamente a livello della concorrenza d'élite. Sarebbe ora opportuno approfittare del periodo di maggiore flessibilità del FFP, reso necessario dall'impatto Covid, per ripensare il sistema delle regole, introducendo meccanismi maggiormente redistributivi (luxury tax) e consentendo ricapitalizzazioni una tantum a club che restano al di sotto di una certa soglia di fatturato (500 milioni?). Con l'accortezza di accompagnare queste possibilità di crescita con misure più severe contro chi esagera nell'utilizzare espedienti contabili quali le plusvalenze fittizie.  [..]

(Gasport - G. Teotino)