Gravina: "Senza pubblico non è vero calcio"

20/06/2020 alle 16:17.
gravina-figc

LA STAMPA - Gabriele Gravina, presidente della Figc, ha rilasciato un'intervista al quotidiano in vista della ripresa del campionato dopo la sosta forzata a causa della pandemia. Queste alcune delle sue parole:

[..]

Oggi quanta soddisfazione proverà alla palla al centro?
«Molta. Ricompensa me e i miei collaboratori per gli attacchi subiti in questo periodo, tensioni superate grazie al gioco di squadra»

Ha scoperto più amici o più nemici?
«È nelle difficoltà che le persone rivelano la propria natura e la propria lealtà. Ecco, diciamo che ho fatto una certa selezione. C'è chi mi ha deluso, ma cerco di cogliere il lato positivo: almeno hanno gettato la maschera e così ho capito chi sta da una parte e chi dall'altra».

I nomi?
«Non sono uno vendicativo. Non mi interessa fare nomi, processi e neanche distribuire meriti, ma solo recuperare le energie disperse per tamponare i troppi attacchi».

Calcio sempre al centro del fuoco, quello amico compreso: perché?
«Perché si è sempre complicato la vita da solo, ha voluto vivere troppo spesso in maniera egoistica. Distaccato rispetto al sistema che lo sorregge. Atteggiamento che abbiamo pagato, ma io credo fin dal primo giorno della mia gestione di aver frantumato quella campana di vetro sotto cuivivevail pallone».

Si aspettava maggiore appoggio dal presidente del Coni Malagò?
«Rispetto le diverse opinioni e le diverse ragioni politiche se portano a un confronto, se sono animate dalla voglia di condivisione e non da simpatie o antipatie personali. La questione non sono i rapporti con Malagò, io mi aspettavo una maggiore condivisione anche dall'intero sistema. Solo perché all'inizio del lockdown abbiamo detto che il calcio faceva da volano al sistema, siamo stati aggrediti e tacciati di arroganza. Non chiedevamo privilegi, ma il riconoscimento della nostra centralità. E invece c'è chi ha ragionato in base al proprio orticello».

Sarà dura fare pace con il presidente del Coni?
«Appianeremo le divergenze, conosciamo il nostro ruolo».

Pesi e contrappesi elettorali farebbero pensare che si è giocato il mandato bis con questa sua battaglia?
«Sarebbe preoccupante se venissi giudicato solo per questi tre mesi. Non credo sarà così, dovessi ricandidarmi mi farebbe piacere essere valutato per la progettualità della mia gestione».

Era all'Olimpico per la finale di Coppa Italia, che calcio ha visto: vivo, convalescente o ancora malato?
«C'era l'euforia e la speranza per la ripartenza, ma senza pubblico era uno spettacolo monco».

Quando riapriranno gli stadi?
«Quando saremo definitivamente al riparo dal virus grazie al vaccino».

Quindi porte chiuse per tutto questo campionato?
«Nell'attesa del vaccino, non chiediamo sconti ma di essere trattati alla pari di altri settori dello spettacolo, come il teatro e gli eventi all'aperto. Siamo pronti, devono solo darci il via».

Certo le scene di non aiutano?
«Inutile dirlo, è stato un comportamento negativo. Ma venticinque milioni di telespettatori per tre partite ci dicono della enorme voglia di tornare a vivere il calcio con tutti i suoi riti».

In Germania e in Inghilterra abbiamo visto calciatori in ginocchio dopo un gol in segno di protesta contro le discriminazioni. Da noi nessuno. Il nostro calcio è meno sensibile?
«Intanto ci sono stati pochi gol. Ma dettaglio a parte, non siamo meno sensibili e le nostre società l'hanno dimostrato più volte in passato»

C'è la paura dei singoli ad esporsi allora?
«Siamo stati attanagliati da quello che ci è successo, dai nostri lutti. Non posso pensare che il nostro campionato abbia una diversa percezione verso il razzismo».

Il calcio avrà imparato la lezione dalla grande paura?
«Sarebbe un doppio fallimento se non fosse cosi».

[..]


L'EQUIPE - Il presidente della Figc Gabriele Gravina ha parlato della ripresa del campionato di Serie A anche ai microfoni del quotidiano sportivo francese dove ha dichiarato:

La Serie A è il quarto dei cinque maggiori campionati a ricominciare, quindi manca solo la Ligue 1 ... Quando le Federazioni di piccole o medie dimensioni hanno iniziato ad annunciare la fine definitiva del loro campionato, noi rappresentanti dei maggiori campionati stavamo cercando di mostrare solidarietà a livello europeo. Quindi è stato preoccupante quando il governo francese ha preso la decisione di fermare la Ligue 1, perché temevamo che ci potesse essere un effetto domino. Altri governi avrebbero potuto chiedersi  "se il campionato francese si ferma, perché non noi?" La politica ha avuto un ruolo importante nel futuro dei campionati, alcuni hanno preferito procrastinare, altri come la Francia hanno deciso secondo me frettolosamente.

Ne avete discusso con la vostra controparte FFF, Noël Le Graët?
No, abbiamo parlato con la UEFA, che ha coordinato tutte le attività su questo argomento molto delicato e aveva indicato il 25 maggio come termine per decidere se continuare o meno i campionati. In un'emergenza, non puoi avere fretta o paura, devi mantenere l'equilibrio e aspettare il momento giusto, che dipendeva da condizioni oggettive, vale a dire l'evoluzione della pandemia e la tutela della salute.

In Francia, alcuni club hanno presentato numerosi appelli. Ha riavviato la Serie A per evitare una situazione simile?
L'affermazione di proteggere gli interessi di un club è naturale, ma lo stop di un campionato avrebbe influenzato la composizione delle divisioni professionali e trovare una soluzione non sarebbe stato facile, soprattutto perché non potevamo gettare dalla finestra i due terzi di una stagione già giocata. E come ho spesso detto, non volevo passare per il becchino del calcio italiano date le conseguenze economiche che avrebbe comportato. Il calcio è un'industria e anche le competizioni dovrebbero riprendere per questo motivo. Abbiamo cercato di dirlo in tutti i modi possibili, altri dodici canali commerciali sono collegati al calcio, non avremmo potuto aggravare la crisi.

Cosa ne pensi della decisione della LFP di assegnare il titolo di campione francese al PSG?
Non voglio giudicare la loro politica sportiva, ma l'attribuzione di un titolo meritava un momento di ulteriore riflessione, è la massima espressione sportiva. Noi, in caso di interruzione definitiva, avevamo deciso di non assegnarlo perché c'è ancora un punto di differenza tra i primi due e lo scontro diretto ancora da affrontare.

Il campionato italiano non è ricominciato e stiamo già parlando della riapertura degli stadi, non è troppo presto?
Non credo, dico con convinzione, oggi è possibile assistere a spettacoli all'aperto. Potrebbero esserci, ad esempio, 1.000 spettatori su 12.000 posti nell'Arena di Verona, quindi perché non pensare a una soluzione in uno stadio di 60.000 persone? Ovviamente rispettando la distanza fisica e indossando guanti e mascherine. Non ho detto di farlo domani, ma a metà luglio. Per un'epidemia, trenta giorni equivalgono a un secolo. Potremmo essere a zero nuove contagi ed è tempo di dare un altro messaggio di speranza.