IL TEMPO (A. AUSTINI) - Il calcio non sa che fine farà, la Roma ha un futuro ancora più incerto. L'altro ieri è arrivata la relazione del club giallorosso sulla semestrale chiusa al 31 dicembre 2019, ovviamente contiene gli stessi numeri annunciati a febbraio (perdita consolidata di 87 milioni di euro, patrimonio netto consolidato negativo per 135 milioni, indebitamento finanziario netto a 264 milioni), che senza opportuni correttivi rischiano di peggiorare a fine esercizio. Non basta il taglio delle quattro mensilità di stipendi dei calciatori (di cui 3 rinviate) che vale circa 30 milioni di euro, la Roma si prepara alla contrazione ulteriore dei ricavi e stavolta, come scritto nell’allarmante relazione, non sa neppure se potrà intervenire con le ormai rituali (per tutti i grandi club italiani) plusvalenze di fine giugno. Il mercato sarà aperto? Il campionato ripartirà? Friedkin è ancora interessato all'acquisto? Il nuovo stadio che fine fa? Domande senza risposta, legate a fattori imprevedibili.
Intanto la Roma ha confermato che i contatti col potenziale acquirente texano sono tuttora in corso, ma sono rallentati a causa della pandemia, mentre Pallotta e soci hanno anticipato 89 milioni sui 150 dell'aumento di capitale deliberato, che i sono serviti a pagare anche gli stipendi fino a febbraio compreso. Ma il cda ha spiegato che qualora il deal con i Friedkin si concludesse positivamente, sarebbe il nuovo acquirente a immettere nuova liquidità. Altrimenti non ci saranno vie alternative alla vendita dei calciatori. Pallotta aspetta segnali da Houston e con i soci sembra orientato a considerare una cessione al ribasso (con minusvalenza), in cambio del disimpegno: operazione «stop loss, take profit» nel gergo della finanza.
Uno sconto sui 700 milioni circa concordati con Friedkin potrebbe richiamare anche altri investitori: li sta cercando Goldman Sachs. Le lentezze sul nuovo stadio hanno fatto perdere a Pallotta il residuo entusiasmo. Mentre si continua a scrivere da mesi il testo della convenzione urbanistica Eurnova ha annunciato nel suo bilancio la firma del preliminare per la cessione dei terreni di Tor di Valle a Vitek avvenuta il 17 dicembre, ma la pandemia ha rinviato la stesura del contratto definitivo, non legato all'iter, bensì all'accordo tra il Tribunale e Parnasi e all'acquisto da parte dello stesso Vitek di una quota di una società ora controllata da Unicredit.