LA STAMPA (B. PIZZUL) - [...] Confesso di avere più volte coltivato la speranza di poter cancellare dalla mia memoria quelle tragiche sequenze che mi videro coinvolto in quanto responsabile della telecronaca diretta di un evento sportivamente molto atteso ma che poi ebbe tragica conclusione. Ma mi rendo subito conto che quello che accadde, proprio per la sua assurdità e ferocia, non può e non deve passare nel dimenticatoio, dovendo trasformarsi in monito per una diversa e più responsabile partecipazione alle vicende sportive.
In effetti poi, anno dopo anno, constato di esser stato colpito da una vera e propria ferita nella mia coscienza di uomo, prima e più ancora che nei ricordi di cronista impegnato in un complesso compito. Mai infatti ho sentito il peso di quel lavoro svolto in modo inconsueto e in un contesto particolarissimo, mi sono piuttosto sentito schiacciato dall'assurdità di essere arrivato in una bella e civile città europea per raccontare le emozioni di una partita di pallone e aver invece dovuto dire di 39 morti e centinaia di feriti. [...]
Perché si giocò quella maledetta partita, perché i giocatori scesero in campo pur sapendo sia pure in parte l'accaduto, perché poi juventini non lasciarono la coppa vinta in qualche modo davanti alla curva Zeta, perché io feci la telecronaca anziché trincerarmi in luttuoso silenzio? Sono interrogativi ai quali ognuno può dare una risposta e che il prossimo anno torneranno di attualità. Certo è che vivere i ricordi di quel Juventus-Liverpool a stadi vuoti, e per ora non di soli spettatori, assume un sapore del tutto particolare. In ogni caso Heysel da non dimenticare, per me come per tutti.