(...) Ci manca il calcio, in queste settimane di astinenza forzata? Meno di quanto immaginassimo. Se fosse così, sarebbe utile capire perché; e provare a pensare come divertirsi di nuovo insieme, appena possibile. Senza sbagliare. Perché lo sappiamo: la cadute sono dolorose, ma le ricadute possono essere disastrose. Lo sport genera assuefazione. Gli sport nazionali provocano dipendenza, perché permettono di partecipare a un romanzo popolare collettivo. Solo se sai filosofeggiare su Totti e Baggio sei italiano (...). In questi giorni, le discussioni sul taglio alle retribuzioni. Affrontare questi temi era doveroso, certo. Ma ripetiamolo: non sono quelli che ci faranno rimpiangere lo sport che amiamo. Non vogliamo perdere l’abitudine alle nostre squadre, alle nostre partite, ai nostri eroi passeggeri: ma i professionisti del calcio devono aiutarci. Riempiendo, magari, alcune ore di queste lunghe giornate con una narrazione e una vicinanza che, per ora, non si vedono. E, soprattutto, pensando alla ripartenza: il calcio blindato e sterilizzato è una contraddizione in termini, e va evitato a tutti i costi. All'inizio ci sarà meno pubblico, è quasi certo. Ma gli stadi vuoti, no (...).
Vittorio Sereni, uno dei maggiori poeti italiani del Novecento, dopo un Inter-Juve scriveva: «A porte chiuse sei silenzio d’echi». A porte chiuse, il calcio si spegne e scompare (...).
(Corsera - B. Severgnini)