Sul ritorno in campo della Serie A ci sarà un grande punto interrogativo o definitivamente il triplice fischio. Il calcio è infatti una di quelle discipline a rischio nell'emergenza Covid-19. Fattore 3, ossia alto, su una scala di 4, per quanto riguarda la vicinanza tra gli atleti e il loro numero sul campo, ma anche per l'utilizzo degli spogliatoi, si legge nello studio realizzato dal Politecnico di Torino e consegnato dal Coni al ministro Vincenzo Spadafora, che dovrà fungere da vademecum per organizzare le attività una volta superata l'epidemia.
Il ministro Spadafora chiede di perfezionare il protocollo della Figc per la ripresa degli allenamenti dal 18 maggio prossimo, ma precisa però che questo non significa una ripartenza della massima serie. Per capire la posta in gioco basti pensare che il pallone nel suo complesso ha un valore della produzione che negli ultimi anni ha superato i 3,5 miliardi e fornisce una contribuzione fiscale e previdenziale che sfiora gli 1,2 miliardi l'anno, incidendo da solo per il 70% dell'intera contribuzione fiscale del comparto sportivo italiano. Senza contare tre squadre quotate in borsa (Roma, Lazio e Juventus). La valutazione del governo, in ogni caso, non potrà tardare: entro il 25 maggio la Uefa vuole dalle leghe un piano per la ripresa e qualsiasi cancellazione dei campionati dovrà comunque produrre un elenco dei club qualificati per le coppe. Per il calcio, comunque, se sarà ripartenza, varranno le raccomandazioni indicate per altri sport di squadra: tamponi 48 ore prima della partita (lo stesso vale per le gare di corsa oltre i 400 metri), mascherine per chi sta in panchina, gruppi chiusi per gli allenamenti.
(Milano Finanza)