Coronavirus, Galliani: «Giocare in estate, poi campionati da inizio 2021. Sì, si può fare...»

10/04/2020 alle 14:35.
galliani

GASPORT - Anche Adriano Galliani, storico amministratore delegato del Milan, presente negli anni in tante commissioni internazionali del calcio, ora nel Monza, dice la sua sulla situazione attuale del calcio, duramente colpito dall'emergenza coronavirus. Queste uno stralcio dell'intervista rilasciata alla rosea:

Come si esce da questa crisi del pallone?
«Come si farà per l’economia. Servirà uno sforzo collettivo, dalla Fifa alla Uefa, alle federazioni nazionali. Senza un accordo globale non se ne esce. I litigi non servono. Si giocherà quando il governo, ascoltando la comunità scientifica, stabilirà che è possibile. Ma ha ragione il presidente della Uefa Ceferin, tutti i campionati devono concludersi».

In queste condizioni non è semplice.
«Lancio una proposta: il tempo c’è, si faccia per due anni come in Sudamerica, campionati nell'anno solare. Il campionato 2020-21 cominci nel febbraio 2021, stessa cosa per il 2022. Poi magari si tornerà all'antico, ma io sono certo che dopo un paio d’anni ci convinceremo che è una buona soluzione. In estate, a luglio o agosto, giocando di sera, sarà bello vedere il calcio, più che in altri mesi. Penso a certe serate di coppa Italia in gennaio, soprattutto al nord. Credo che alla fine potremmo avere più pubblico. La Fifa ha già spostato le date del Mondiale 2022 a fine anno, si faccia lo stesso con l’Europeo e la coppa America nel 2021. Sarebbe comodo, ma si può anche lasciare Euro 2021 lì dov'è, in estate, interrompendo i campionati. Ma bisogna tornare a giocare, per regolarità sportiva e perché altrimenti il calcio esplode».

Qualcuno in Lega non è d’accordo.
«Non si può non tornare a giocare, ma bisogna farlo in condizioni di sicurezza. Non capisco questa insistenza per andare in campo presto e ricominciare a settembre, quando magari ci sarà ancora la pandemia, qui o altrove. In questo momento non si può sapere. Il governo, sentendo la comunità scientifica, detterà i tempi, e i campionati possono finire ovunque in momenti diversi. La Germania magari comincerà prima, l’Italia è avanti rispetto all’Inghilterra con il picco del virus. Non dobbiamo finire tutti allo stesso momento. I campionati devono concludersi sul campo perché è la legge dello sport e perché il sistema va salvato. Senza tornare a giocare, la Serie A perderebbe una cifra intorno ai 600 milioni, senza calcolare la quota che arriverebbe dai 400 milioni in ballo per le squadre in corsa nelle coppe europee. Una piccola parte andrebbe ai club italiani. Se non finisce il campionato il calcio esplode».

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Giocare a porte chiuse non è triste?
«Certo che è triste, però è meglio di non giocare affatto, e magari scomparire».

Da questa crisi uscirà un sistema calcio più solidale?
«Non è questione di solidarietà, ma di realismo. Sarà un calcio un po’ più povero, perché il mondo lo sarà. Ci sarà un ridimensionamento temporaneo, come per tutte le altre attività. L’Europa e il mondo sono in difficoltà, il calcio non può pensare di continuare come prima».

A proposito di mondo, le proprietà straniere secondo lei aiutano la Serie A?
«È come per le altre aziende: ben vengano i capitali investiti nel nostro Paese. È libero mercato, non si può impedire. Magari ci sarà un po’ di romanticismo in meno, ma la ricchezza dall’Europa si è spostata in America e poi in Oriente, andate a guardarvi i passaggi di proprietà dei top club europei: non passano mai a un signore dello stesso Paese. Bisogna farsene una ragione».

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