Fabio Capello, ex allenatore di alcuni top club europei ed ex ct di diverse Nazionali, ha rilasciato un'intervista al quotidiano sportivo in cui ha parlato dell'emergenza sanitaria in atto e della possibile ripresa del campionato di calcio. Queste alcune delle sue parole:
Si discute sulla ripresa dell’attività.
«Ripartire sarebbe molto bello. Qualche settimana fa non riuscivo a parlare di calcio: di fronte ad immagini come quelle delle bare trasportate dai camion militari nelle strade di Bergamo, sarebbe stato offensivo. Ora mi sento di affermare che lo sport manca a tutti e rimettersi in moto può aiutare il paese, anche sul piano psicologico. Credo che concerti, cinema e teatri saranno vietati a lungo. Le partite, ovviamente a porte chiuse, offriranno la miglior forma di svago. Poi c’è il discorso economico. Il calcio è un’industria importante. Nella sua filiera non ci sono solo allenatori e calciatori, ma anche migliaia di lavoratori del cosiddetto indotto. Queste persone, con l’attività sospesa, sono in difficoltà economica».
Le linee guida da seguire?
«Test medici accurati e ripetuti. Rispetto dei protocolli sanitari, dai centri di allenamento agli stadi. In questo caso, un ritiro permanente dei calciatori potrebbe essere la miglior soluzione. Sul piano regolamentare, sono favorevole alla proposta di aumentare il numero delle sostituzioni: quattro, se non cinque. Giocare dopo un lungo stop una gara ogni tre giorni può essere infatti pericoloso. Certo, ci sono due enormi interrogativi. La vicenda di Sportiello ribadisce quanto sia subdolo questo virus. E poi, come regolarsi in caso di una positività? Ritengo però che stare fermi non aiuti. Dobbiamo rischiare qualcosa».
Giocare in alcune regioni che hanno avuto meno problemi con il Covid-19 è un’ipotesi praticabile?
«Se i protocolli di sicurezza vengono seguiti alla lettera, si può giocare anche in Lombardia, Veneto e Piemonte. La cosa importante è rispettare le regole sanitarie».
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Anche il calcio non sarà più lo stesso.
«Il mercato sarà stravolto, ma eravamo arrivati a cifre folli. Si tornerà su livelli più ragionevoli. Anche qui serviranno dirigenti illuminati per rimettere il moto il sistema. Gli egoismi rischiano di essere distruttivi».
Se la Serie A dovesse ripartire, come si immagina il finale?
«Difficile, se non impossibile, fare previsioni. L’unica certezza è la classifica: Juve e Lazio divise da un punto, Inter all’inseguimento. Tutto il resto è un’incognita. Quale sarà lo stato di forma dei calciatori? Correre sul tapis roulant, o allenarsi in palestra, aiuta a mantenere il peso, ma per giocare è fondamentale il lavoro con il pallone».
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De Rossi ha citato Capello come modello di gestione. Anche lui vuole allenare.
«De Rossi è un ragazzo estremamente intelligente e ha giocato a centrocampo, il reparto che ha fornito i migliori tecnici. Ricordo il giorno in cui lo feci esordire nella Roma, in Coppa Italia contro la Triestina, insieme ad Aquilani, nel 2002. Aquilani sembrava più pronto e giocò dall’inizio. Poi entrò De Rossi che, oltre ad entrare in campo con incredibile personalità, segnò su rigore nella lotteria finale. Dopo la partita dissi ai dirigenti: “questo ragazzo resta con noi, non va da nessuna parte”».
La telefonata di Cassano?
«Poco tempo fa ha dichiarato di essere profondamente cambiato dopo il matrimonio. Quando mi ha cercato per salutarmi, gli ho detto: “Non potevi sposarti a 21 anni?”. Antonio è il mio grande rammarico. Lo avevo voluto alla Roma per il suo talento straordinario».
(Gasport)