IL ROMANISTA - Anche Ruggiero Rizzitelli, ex attaccante della Roma e ora opinionista di Roma Tv, sta trascorrendo questi giorni di emergenza in quarantena a casa sua a Cesena insieme sua moglie da dove sta seguendo l'evolversi di questa crisi. Ecco alcune delle dichiarazioni rilasciate al quotidiano a tinte giallorosse:
Ruggiero che effetto ti fa continuare a sentire e leggere che ci sono dirigenti che vorrebbero in ogni caso concludere questa stagione?
«Un effetto brutto. È un'autentica follia pensare di poter tornare a giocare tra un mese o due. In questo momento la priorità è la salutedelle persone e tutti gli sforzi devono essere indirizzati a uscire da questa situazione il prima possibile»
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Ci sono presidenti di club calcistici che puntano a far riprendere gli allenamenti ai giocatori.
«Sono pazzi. Non si rendono conto di quello che dicono. In questo momento bisogna stare a casa, aiutare con il nostro sostegno medici, infermieri, lavoratori della sanità, poliziotti, trasportatori, addetti nei supermercati che stanno in prima linea per affrontare questo tsunami che rischia di travolgere tutto e tutti. Sarà dura, ma sono sicuro che l'Italia e gli italiani riusciranno a venirne fuori».
Il palazzo calcio in questa vicenda come si è comportato?
«Credo un po' a rilento. Ma non vuole essere un'accusa, nel senso che all'inizio non tutti si sono resi conti di quello che stava succedendo. Non era facile capire. È una situazione assolutamente inedita, non c'erano precedenti, non era facile prendere subito le decisioni giuste».
In questo senso chi aveva capito tutto è stato Tommasi, il presidente del sindacato dei calciatori.
«Verissimo. Damiano lo ha gridato subito che bisognava fermare tutto. Non gli hanno dato retta immediatamente. E non gridava soltanto per difendere la categoria dei calciatori. Il suo pensiero andava a tutti quei tifosi che seguono la loro squadra in trasferta. Solo quest'ultimo aspetto doveva convincere a sospendere tutto con effetto immediato. Invece si è andati avanti troppo provando a immaginare partite a porte chiuse che poi non sono il calcio. Tommasi aveva capito subito, del resto non mi sorprende, prima da calciatore e adesso da dirigente ha sempre dimostrato di essere una persona intelligente e preparata».
«Perché si è provato ad andare avanti comunque, in ballo c'erano e ci sono molti soldi. Ripeto, non era facile capirlo immediatamente, però avevamo avuto il precedente della Cina, si poteva far tesoro di quello che era successo da loro per stoppare tutto e subito senza se e senza ma».
C'è qualcuno, al contrario, che non capisce e vuole che si riprenda il campionato.
«Per me è impossibile e mi auguro che sarà così. Questo è un campionato da annullare. Vero, è un problema, ma come ci stiamo rendendo conto, i problemi veri sono altri. Il calcio può aspettare».
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Pensi che anche Champions ed Europa League non si concluderanno?
«Credo proprio di sì. Il problema che stiamo affrontando è enorme e ormai ha coinvolto tutta l'Europa che, oltretutto, è in ritardo rispetto a noi».
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Sei stato un calciatore, come ti poni di fronte al problema degli stipendi dei giocatori in questo periodo?
«Posso dire che se io fossi ancora in grado di giocare, non avrei nessun problema a rinunciare a uno-due mesi di stipendio, anche perché non stiamo parlando di buste paga da millecinquecento euro mensili. Credo che i calciatori lo faranno. Se non altro per un motivo».
Quale?
«Per le loro società che sono come una loro seconda famiglia. Questa crisi rischia di mettere in ginocchio molti club che dovranno fare a meno di decine di milioni di euro di ricavi. Rinunciare allo stipendio in questo periodo, vorrebbe dire dare una mano concreta alla società che ti stipendia. Non voglio essere presuntuoso, ma sono sicuro che almeno il novanta per cento dei calciatori la pensa come me».
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Oltre alla vicinanza dei tuoi figli, in questo momento quale è la cosa che ti manca di più?
«Roma e i romani».
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