GASPORT - Il calcio europeo si prepara a ripartire nonostante l'emergenza coronavirus non permetta di fare ancora previsioni. Ne ha parlato Javier Tebas, presidente della Liga. Queste le sue dichiarazioni:
Che tempi si maneggiano?
«Noi lavoriamo su una piattaforma che include 30 campionati europei, con le loro coppe. Più la Champions League e la Europa League che toccano 12 campionati diversi. Coordiniamo tutto. Per l’Italia sono in contatto quotidiano con Luigi De Siervo e con Andrea Butti. Con Agnelli ho parlato il fine settimana passato. La nostra idea è quella di chiudere tutto entro il 30 giugno, e siamo ottimisti. Vorremmo iniziare tra il 14 e il 18 maggio, cosa che ci darebbe il tempo necessario per finire entro la data prevista. Non pensiamo ad altro, 24 ore su 24».
Non è un po’ poco? In Italia mancano 14 giornate, in Spagna e Inghilterra 11, più le competizioni europee…
«Pensiamo di potercela fare, e senza modificare le competizioni. La decisione di rinviare Europei, Copa America, Mondiale per club e via dicendo è stata la più importante mai presa nella storia del calcio. È stato un gesto di grande responsabilità».
Il presidente federale italiano Gabriele Gravina ha detto che si sta valutando l’idea di chiudere oltre il 30 giugno.
«È un’alternativa, ma non quella primaria. Noi continuiamo a pensare al 30 giugno perché c’è un importante tema contrattuale tra club e giocatori, una cosa che se trascurata potrebbe portare di fatto a un’alterazione delle varie competizioni. Se non dovessimo farcela studieremo un piano alternativo che dovrà avere basi giuridiche adeguate, però ripeto, oggi l’idea non è sul nostro tavolo».
Quali sono le reazioni alle vostre proposte?
«Siamo tutti sulla stessa linea, poi ovvio, ci sono cose puntuali di un Paese o di un altro che risolveremo, bisogna far quadrare 30 Paesi e bisogna farlo rapidamente: la mia intenzione è che il nuovo calendario sia pronto tra 7-10 giorni al massimo».
È più importante terminare il 30 giugno o giocare col pubblico?
«Finire entro il 30 giugno. Giocare a porte chiuse comporterebbe un danno economico importante ma minore rispetto all’eventualità di non terminare la competizione. Tutto quanto sta succedendo comporta una perdita rilevante, che va limitata».
Si parla dell’idea di una riduzione salariale per giocatori e dirigenti.
«Se la situazione sanitaria legata al coronavirus si dovesse complicare non possiamo scartare nessuna ipotesi».