IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - La Roma perde e un ragazzino piange. Col padre che è quasi contento di infilargli bene il cappellino perché almeno in quel momento sa cosa fare di sicuramente giusto nell'impossibile necessità di consolarlo. Perché quando la Roma perde e un ragazzino piange, e tu sei un papà romanista, non glielo puoi dire troppo facilmente e frettolosamente «che vuoi che sia».
Gli puoi dire che così è la Roma, o addirittura - ma è così - così è la vita, che la prossima volta andrà meglio, che un giorno vinceremo. Questo sì, e mille altre cose ma senza banalizzare quel sentimento, perché quelle lacrime sono quelle che hai versato te quando eri ragazzino come lui, sono le tue che ovviamente adesso a 40 anni non hai, anche se dentro stai messo pure peggio perché oltre alla Roma che ha perso, vedi tuo figlio piangere per lei. Insopportabile. [...]
Daniele De Rossi è stato per noi quel ragazzino in campo, la cura e la premura di aggiustarci il cappellino e di baciare lo stemma mentre divampa la rivoluzione correndo verso la Sud. È stato noi in campo e ora è solo noi. Torna a casa. Perché l'acqua va al mare. Quello di Roma è fatto anche con le lacrime di quel ragazzino che ha i nomi di qualsiasi tifoso della Roma. Come Daniele o Agostino. E un giorno vinceremo a papà.