IL PUNTO DEL MARTEDI' - LICARI: "De Rossi, un leader nato" - COLOMBO: "Gran campione, uomo migliore" - CARMELLINI: "Roma ti aspetta a braccia aperte"

07/01/2020 alle 14:56.
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LAROMA24.IT - La notizia è arrivata dall'altra parte dell'oceano, come un fulmine a ciel sereno. lascia il Boca e sei mesi dopo aver salutato la Roma, lascia definitivamente il calcio giocato. Chiusa anzitempo l'esperienza con il Boca Juniors, per l'ex capitano giallorosso si aprirà una nuova fase di una carriera che, come annunciato da lui stesso, continuerà ancora nel mondo del calcio. Ancora da protagonista.

Questi i commenti alla notizia tratti dagli editoriali del giorno:

 


GAZZETTA DELLO SPORT (F. LICARI)

Sull’aereo che rientrava da Berlino, mentre la coppa sfilava di fila in fila, soltanto un azzurro aveva un tormento dentro. Eppure era stato protagonista, eroe, rivelazione. Aveva tirato con nervi da veterano uno dei rigori della finale. Ora avrebbe dovuto urlare, non soppesare le parole. Quel malessere di discendeva dal “rosso”, meritato, per la gomitata che aveva insanguinato il volto dell’americano McBride, condannandosi a quattro giornate di (e alla sfuriata terribile di Lippi). Il giorno dopo l’espulsione, oltretutto, un giornale aveva tirato in ballo le colpe di papà Alberto e “l’educazione familiare. Daniele spiegava invece che «i 3 in pagella che mi avete dato sono giusti. Commenti tecnici che condivido. Ho sbagliato e pagato. Mio padre però non c’entra niente: è stata un’infamia».

Daniele parlava da uomo, con una sintassi non impeccabile che si sarebbe perfezionata negli anni, con le contraddizioni che hanno segnato la carriera comunque straordinaria. Lasciava intendere già allora di essere lontano dal prototipo del giocatore ricco e superficiale. Lippi, che ha scaricato Cassano e Balotelli senza esitazione, l’aveva preteso in largo anticipo, a 21 anni, strappandolo all’Under di competenza «perché questo è già pronto, non scherziamo».

ha affiancato “sua romanità” imperiale senza pensare di fargli ombra, impossibile, ma accontentandosi di essere il primo dei senatori. leader nato. . In Nazionale, poi, le cifre sono sbalorditive come quelle giallorosse: 117 presenze, dietro soltanto ai miti Buffon, Cannavaro e Maldini, e 21 gol, più di Rossi e Bettega, il capocannoniere tra i non attaccanti. Le sue conferenze riempivano il taccuino e i pensieri. Anche quando, orgoglioso da morire, negava l’evidenza: «Lo dite voi che non gioco come prima!». Ma non gli riuscivano più le incursioni area-area con tiro finale: era ormai un centrale meno mobile ma dalla saggezza indispensabile. Il penultimo dei Mohicani berlinesi lascia ora da Buenos Aires, quasi per concedere a Buffon l’onore di chiudere l’epoca mondiale, progettando un futuro da allenatore: neanche qui, crediamo, sarà banale.


IL TEMPO (T. CARMELLINI)

Le bandiere non si ammaiano mai. Ed è per  questo che Roma aspetta Capitan futuro a braccia aperte: qualora decidesse di tornare. Non sul campo perché quella parentesi per (in arte DDR) si è chiusa definitivamente ieri quando Daniele ha messo il cuore davanti al calcio: forse per la prima volta nella sua vita. O forse, molto più semplicemente, perché finora il suo cuore e la sua vita avevano camminato sulla stessa linea. Il calcio, la Roma, la famiglia.

Ora che è stato costretto a fare una scelta, pesante, non ha avuto dubbi su quali siano le cose irrinunciabili della vita. Tra queste ci sono sicuramente i figli, prima ancora di una passione calcistica diventata poi una professione e per quasi trent'anni la propria vita. E forse anche per questo chi l’ha vissuta così (prima di Daniele ma anche lo stesso ) poi fa una fatica enorme a dire basta: a smettere e provare a immaginarsi fuori. Perché con il senno del poi e vista da fuori, la domanda a questo punto viene spontanea: andare dall'altra parte del mondo per giocare sette partite, aveva davvero un senso? Forse no (e qualcuno nella Roma lo aveva anche fatto notare), ma il condizionale è d'obbligo... perché ognuno pensa con la sua testa.


TUTTOSPORT (R. COLOMBO)

Centosessantacinque giorni vissuti a tutto cuore: perché non conosce altro modo di affrontare le sfide, . Ho avuto l’immensa fortuna di condividere con lui l’ultima tappa di una enorme carriera, gli ultimi 6 mesi, i primi lontani da casa, dalla sua Roma, i primi nella sua nuova casa, Buenos Aires. Perché sì, Daniele ha vissuto così, da porteño, come se fosse un argentino autentico, non uno d’adozione. Un esempio? Il Gps sulla sua 500 grigia è durato poco più di 48 ore... La gente, laggiù, lo ha amato e non è un modo di dire: non solo i suoi compagni del Boca Juniors, non solo i lavoratori del club che incrociava tutti i giorni regalando a ciascuno un sorriso, non solo i tifosi Xeneize. Tutti gli argentini lo hanno apprezzato per quella scelta di cuore: «Ha lasciato l’Italia, i soldi, la sicurezza per venire a “pelearsela”, a combattere nel nostro paese. Este Tano està loco», questo ci dicevano a Buenos Aires.

«Non potevo pensare di terminare la mia carriera di calciatore professionista senza vestire la maglia del Boca Juniors avendone la possibilità», questo fu il primo pensiero appena sbarcato a Ezeiza il 25 luglio dello scorso anno. Un debutto con gol, i primi cori de La Doce in versione trasferta, in Copa Argentina all’Estadio Unico de La Plata “Olé, Olé, Tano, Tano”. L’infortunio, la ricaduta perché «volevo farcela per il ritorno in Libertadores contro il River». Di nuovo in campo, finalmente guarito, contro l’Uniòn Santa Fé, i sorrisi, i baci a Sarah e alle bambine in tribuna, lo scherzare, finalmente sereno, in zona mista quando anche noi italiani gli facevamo domande in spagnolo e lui che in castellano perfetto ci rispondeva: «Dobbiamo imparare da questa gente, dalla passione che ha nel vivere il calcio». E noi dobbiamo imparare da , gran campione e uomo migliore.

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