La differenza, in fondo, sta tutta nelle radici. Rocco Commisso e James Pallotta, presidenti venuti dall’altra parte dell’Oceano per far innamorare Fiorentina e Roma, arrivano alla loro prima sfida con un seguito popolare completamente diverso.
A Commisso le distanze non piacciono, visto che in sei mesi è già stato quattro volte a Firenze e sta per comprarvi casa. Tutto il contrario di Pallotta, che ormai manca da Roma da 555 giorni. Commisso è entrato nella Fiorentina con l’aria da Pinocchio nel Paese dei Balocchi. Firenze gli ha «perdonato» anche il tifo giovanile per la Juventus. Pallotta, invece, non ha peccati da farsi perdonare, ma solo l’amore tiepido dell’uomo d’affari che – pur avendo fatto crescere la società – si tuffa sì nella fontana di Piazza del Popolo dopo la vittoria sul Barcellona, ma vende i migliori senza vincere nulla, favorendo l’addio di due bandiere come Totti e De Rossi e guadagnandosi così l’antipatia eterna dello zoccolo duro del tifo.
In comune, però, i due presidenti hanno diverse cose: ad esempio, furibonde ire quando sono insoddisfatti, lotta senza quartiere al razzismo e (soprattutto?) voglia di uno stadio di proprietà.
(Gasport - M. Cecchini)