Roma, la coscienza del capitano

17/11/2019 alle 13:56.
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IL MESSAGGERO (S. CARINA) - Il mondo alla rovescia ha i volti di Florenzi e Zaniolo. Uno non gioca nella Roma, fa panchina da 6 gare - con l'unica eccezione dei 10 minuti finali di Udine (fatto entrare sul 4-0) - ed è titolare in Nazionale. L'altro è reduce invece da un mese d'oro, tra prestazioni in crescendo e 4 reti consecutive a Moenchengladbach, Milan, Udinese e Napoli e si accomoda in panchina. Bosnia-Italia, oltre alla decima vittoria di Mancini che supera Pozzo, è anche questo. Una situazione paradossale che Florenzi sta affrontando senza polemiche, come dimostrano le ultime dichiarazioni a Mediaset: «Non ho giocato per far cambiare idea all'allenatore, ho giocato per me stesso. Penso solo a giocare e dare il mio contributo alla Roma. Spero che nel breve periodo di riuscire a mettere in difficoltà il mister che ora sta facendo altre scelte. Le rispetto e continuerò ad allenarmi a duemila come fatto fino ad ora. Se devo fare il capitano devo dare l'esempio. Anche in questo momento metto la Roma davanti a me. Dobbiamo stare in silenzio e lavorare, perché se lo fa il capitano gli altri lo fanno di conseguenza».

LA CHIAREZZA DI PAULO Del resto Fonseca è stato chiaro, spiegandogli in un colloquio privato i suoi convincimenti tattici (vuole un terzino con una fisicità diversa). E lo era stato anche con Petrachi in estate che a sua volta aveva dovuto convincere l'agente di Alessandro. Perché nel momento in cui la Roma ha deciso di prendere Zappacosta (che ha lo stesso procuratore di Florenzi), ha dovuto superare perplessità inevitabili. Della serie: un agente non porta in concorrenza per lo stesso ruolo due suoi assistiti. È toccato quindi a Petrachi spiegare quale fosse la volontà del tecnico, ossia alzare Florenzi in attacco. Lo aveva già fatto nel derby se Zappacosta non si fosse infortunato nel riscaldamento. Dopo il primo ko del difensore del Chelsea - al quale seguirà la rottura del crociato il 4 ottobre - Alessandro ha continuato a giocare terzino semplicemente perché Spinazzola non era ancora pronto. Quando lo è stato (dal match con l'Atalanta, in precedenza 17 minuti a partita chiusa con il Sassuolo e 20 con il Bologna) è avvenuto l'avvicendamento, con Santon pronto a dargli il cambio. Florenzi è difatti partito alto nel tridente del 4-2-3-1 contro la Sampdoria (e anche con l'Atalanta prima del passaggio alla difesa a tre), per poi rimanere fuori contro Wolfsberger e Cagliari per una fastidiosa influenza. Senza dimenticare che in precedenza da terzino aveva deluso: sbaglia la diagonale sul 3-3 di Kouamé alla prima giornata; Correa lo manda in tilt al derby; in affanno contro Sansone al Dall'Ara; non chiude sulla rete del 2-0 di De Roon contro l'Atalanta. Tanto è bastato a Fonseca per convincersi di una decisione che aveva già maturato in estate. Ergo, eventualmente, l'anomalia adesso non è perché Florenzi non gioca più terzino ma perché non riesce a entrare nelle rotazioni davanti.

NICK IN ATTESA L'esclusione di Zaniolo in azzurro, invece, si spiega invece a livello tattico: «Per adesso è abituato a giocare in maniera diversa», la motivazione addotta da Mancini. E in effetti l'ala nel 4-2-3-1 di Fonseca ha compiti diversi dall'esterno offensivo nel 4-3-3. Come se non bastasse anche per Nicolò il ct e il tecnico portoghese hanno idee diverse: per Mancini è una mezzala, Paulo - dopo averlo provato anche trequartista - pensa che sia più pericoloso sulla fascia, dove può scatenare il suo strapotere fisico.

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