IL MESSAGGERO (L. DE CICCO) - È l'ultima tegola sul progetto Tor di Valle: un errore di calcolo sulle cubature che avrebbe avvantaggiato i privati che sognano, da anni, l'affare stadio. Ad accorgersi della falla sono stati i dirigenti del Dipartimento Urbanistica, che da giugno 2018 indagano su tutte le carte della controversa operazione calcistico-immobiliare. La due diligence, partita un anno e mezzo fa, subito dopo la prima retata di arresti per corruzione, si è appena conclusa. E i risultati sono stati spediti agli uffici di Virginia Raggi, insieme ai rilievi dei dipartimenti della Mobilità e dei Lavori pubblici. Nel rapporto dell'Urbanistica, in sostanza, si dice che il progetto può andare avanti, ma solo a certe condizioni.
LE CRITICITÀ Tra i vizi più macroscopici rinvenuti dai tecnici c'è il valore di alcune volumetrie. Qualche numero: dopo la revisione voluta dal M5S nel 2017, sempre ammesso che il progetto vada mai in porto, ai proponenti sarebbero concessi 212mila metri quadri di «superficie utile lorda» (sul in gergo tecnico), per costruire principalmente uffici, alberghi e negozi. Il vero core business dell'affare. Questa cifra, 212mila metri quadri, scavalla ampiamente i limiti del Piano regolatore. Circa 100mila metri quadri in più. In cambio, per queste cubature extra, i privati si impegnerebbero a realizzare alcune opere pubbliche. Infrastrutture, a dire il vero, considerate largamente inadeguate a reggere l'impatto del traffico, così hanno detto gli ingegneri del Politecnico di Torino, chiamati a esprimersi proprio dalla Raggi. Ma questo è un altro discorso.
Il fatto ora è che, spulciando tutte le carte del progetto, gli esperti dell'Urbanistica hanno notato che i conti sulle volumetrie non tornano. Non sarebbe stato considerato che una fetta importante delle nuove costruzioni ricadrebbe su terreni espropriati dal Comune (circa 39mila metri quadri) e non su aree dei proponenti. Terreni espropriati che, se il progetto stadio venisse realizzato, vedrebbero crescere il loro valore. Questa differenza ora va messa in conto ai privati. Non vale poco: quasi 20 milioni di euro. Da investire probabilmente per provare a rappezzare il piano, oltremodo lacunoso, delle opere pubbliche. La palla ora passa ai privati. Che dovranno decidere se accettare il nuovo valore attribuito alle cubature o no. Magari minacciando una battaglia legale, come è stato fatto in passato.
La disputa rischia di andare in scena proprio nelle settimane decisive per l'operazione stadio, che annaspa tra rimandi, arresti e falle progettuali dal 2013. Due settimane fa il Comune ha spedito ai proponenti la bozza della convenzione urbanistica. Viene confermato l'obbligo di aprire lo stadio (e il mega centro commerciale) solo a patto che siano realizzate «contestualmente» tutte le infrastrutture. Clausola sgradita a Pallotta. Ma nel testo c'è un cavillo che potrebbe permettere a Raggi di schivare l'ostacolo e rimandare la contesa alla prossima consiliatura: nella bozza di contratto c'è scritto che si farà un check sull'avanzamento dei lavori un anno prima del termine previsto, quindi almeno nel 2022-2023, se non più tardi. A quel punto, se ci sarà uno scostamento non imputabile direttamente ai privati, si proverà a trovare «soluzioni alternative». Quali? Non si sa. Ma a sbrogliare la matassa, in caso, sarebbe il successore di Raggi.