Dieci giorni. E’ questo il tempo che si è presa la Roma per rispondere alla bozza della Convenzione Urbanistica recapitatale dal Comune, che ha rilanciato il nuovo stadio di Tor di Valle. Ogni parola deve essere soppesata per disinnescare ogni possibile controversia legale, anche perché il Pd (alleato a livello nazionale) respinge accelerazioni sull’area, poco amata. Sì del nuovo sindaco? Eppure non sfugga la mossa escogitata per il passo avanti. La «spina» contestualità non è stata cancellata, ma sposposta ad una valutazione da effettuare un anno prima del termine dei lavori. Così, se la prima pietra vera e propria sarà messa nella seconda metà del 2020,i proponenti puntano ad avere lo stadio per il 2023-24. Nel 2021 si voterà per il Comune e, se i sondaggi attuali fossero confermati, difficilmente la maggioranza Cinque Stelle verrebbe riconfermata. Così toccherebbe al nuovo sindaco dare il via libera, magari lamentandosi di quanto fatto dal precedente, mentre quest’ultimo avrebbe buon gioco nel dire che l’ultimo placet non è stato il suo. Nel frattempo — complice l’obbligo di rotazione triennale — anche i dirigenti comunali degli uffici che seguono l’iter saranno diversi e forse con mani più libere. Motivo? Una delibera che trasformi l’uso d’obbligo del(parziale)trasporto su rotaia in più generico «servizio pubblico».
(gasport)