LA REPUBBLICA (M. PINCI) – La maglia azzurra, anche nella sua versione verde, non è uguale per tutti. Basta girarla perché ognuna di quelle divise acquisisca un peso diverso. Per anni si è discusso su chi dovesse indossare la maglia n. 10, con critiche funeste persino per un giocatore come Thiago Motta. Mancini, anche nell'ottica di azzerare le discussioni, ha stabilito due livelli di gerarchie, quanto alla numerazione. Due velocità: una per i big, l’altra per i ragazzi. Se infatti Bonucci può scegliere autonomamente di vestire anche in azzurro il numero 19 che porta nella Juventus, chi si affaccia per la prima volta in azzurro s’affida a ciò che più gradisce l’allenatore. Il “10” a Lorenzo Insigne è una sorta di benedizione della fantasia, un tributo al talento. Se invece Zaniolo indosserà stasera la 16 del suo ex capitano Daniele De Rossi proprio nello stadio che ha diviso con lui nella scorsa stagione, non è per un tributo voluto. Ma per una scelta del ct, che forse ha voluto “premiarne” la costanza con una sorta di promozione, rispetto al numero 23 che gli aveva assegnato prima dell’estate. E non è l’unico per cui vale il discorso: per lo stesso motivo a Tonali è toccato l’ultima volta il n.2. E alla scelta che farà per loro il tecnico sono legati pure Meret, Di Lorenzo, Mancini o in passato Kean, solo per citare uno dei “rimandati” da Mancini. Un modo per tenerli con i piedi per terra, far capire che la maglia è transitoria, non un diritto acquisito e che ogni volta va meritata.
Può sembrare una questione banale, ma non è esattamente così. Non oggi almeno. Una volta i numeri di maglia erano icone: ognuno rappresentava un ruolo e guai a derogare. Sono anni però che la new economy del calcio ne ha fatto simboli commerciali. Nulla più dei numeri di maglia è diventato marchio spendibile, basti pensare a come CR7 abbia spesso sostituito nome e cognome del fuoriclasse della Juve. Le nazionali per anni sono state porto franco: scelta in ordine alfabetico per ruolo, con rare eccezioni. Solo dall'Europeo 2000 l’azzurro si è piegato, contestando ai calciatori di indossare un numero più consono: prima fu Totti a lasciare la 10 a Del Piero scegliendo il 20 delle origini. Due anni dopo (e per quelli a seguire) Del Piero ricambio il favore optando per il 7 che vestiva da ragazzino al Padova. Un scelta che domani, da Tonali in giù, qualcuno dovrà rimandare: aspettando di diventare grande.